La morte di Luana D’Orazio, giovane operaia deceduta sul lavoro a soli 22 anni, ha sollevato grande commozione. C’è però chi ha notato come la sua scomparsa terribile e prematura abbia avuto più spazio sui giornali rispetto a quelle di centinaia di operai “medi”. Selvaggia Lucarelli ha affrontato l’argomento con un video su Instagram in cui ha cercato di spiegare come “l’estetica decida, nel giornalismo, che esistono morti di serie a e morti di serie b”. Proprio un suo tweet di ieri sul tema sarebbe stato particolarmente “manipolato, travisato, strumentalizzato da una certa parte di politica e da una certa stampa che la supporta”. Nel suo tweet Selvaggia si diceva addolorata per la morte della giovane mamma ma si augurava al tempo stesso che anche la prossima morte sul lavoro potesse avere lo stesso spazio “anche se il morto poteva essere un rumeno senza un dente”. Nonostante la chiarezza delle sue parole, la giornalista ha sottolineato la presenza di una larga fetta di “analfabeti funzionali” e “di stampa che istiga e fomenta gli analfabeti funzionali nel nostro Paese”. Come sempre, dunque, le sue parole hanno scatenato insulti ed offese nei suoi confronti.
La Lucarelli ha quindi ribadito il suo punto di vista: “E’ innegabile il fatto che Luana abbia avuto una infinità di spazio in più rispetto a tantissimi altri morti sul lavoro, direi a quasi tutti i morti sul lavoro”. Mettendo da parte l’ipocrisia, la giornalista ha affermato come in ambito giornalistico “i morti non sono tutti uguali, ci sono i morti di serie a e i morti di serie b e i parametri estetici molto spesso, quasi sempre fanno la differenza, insieme ad altri parametri”. Selvaggia ha proseguito: “Luana era molto bella, molto fotogenica, molto giovane, c’era una certa disponibilità di sue foto e questi ritratti sono stati spremuti, utilizzati e abusati su tutti i giornali perchè innescano quel clickbait facile che fa gola alla stampa e ai siti”.
SELVAGGIA LUCARELLI E IL CASO DI LUANA: QUANTO L’ESTETICA CONDIZIONI LA CRONACA
Per Selvaggia Lucarelli, dunque, morti meno giovani ed avvenenti non avrebbero lo stesso spazio sulla stampa, cosa che avviene anche in altri ambiti della cronaca come i femminicidi, la cronaca nera. La giornalista ha fatto notare come i femminicidi che coinvolgono donne molto giovani e belle, con figli molto piccoli abbiano uno spazio maggiore rispetto a femminicidi la cui vittima sia una signora di mezza età o anziana. “Ricordo molto bene il caso di una runner, una donna di Sora che si chiamava Gilberta Palleschi che andò a correre, tra il 2015 e il 2015, fu bloccata da un uomo, violentata e uccisa a colpi di pietra, ne fu abusato il cadavere e poi fu gettata da una rupe. Di questo caso si è parlato pochissimo”, ha commentato. Il motivo è presto detto: la vittima era una donna non giovanissima, “scarsamente notiziabile, appetibile per le home di tanti siti”. Lo stesso, ha spiegato la Lucarelli, sarebbe accaduto per Valentina Pitzalis poichè a suo dire molto dipenderebbe anche dalle aree geografiche. “Il suo caso è sicuramente un caso che negli anni ha avuto meno spazio sulle cronache di altri come quello di Gessica Notaro“, ha spiegato.
Tra gli altri esempi avanzati dalla Lucarelli anche quello dell’infermiera simbolo del Covid: “E’ evidente che se è diventata lei il simbolo, l’immagine del Covid e non un’altra è anche per semplice canone estetico a cui lei aderiva più di altre”. A suo dire i casi da portare come esempio sarebbero numerosi e spiegherebbero bene quanto “l’estetica condizioni la cronaca e quanto l’estetica del morto faccia la differenza nel trasformare un morto che in altri contesti sarebbe un morto di serie b e grazie ad un bel viso diventa un morto di serie a”. In chiusura si è detta ben felice che si parli di Luana ma passato questo clamore si augura che non passi il fiume di attenzione sule tante morti bianche in Italia. Il suo, dunque, non era ovviamente un voler mancare di rispetto alla giovane, come invece qualcuno ha tentato di far passare.
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