Il Piano scuola predisposto dal Miur per l’estate 2021 da poco reso noto al mondo delle istituzioni scolastiche e all’insieme della collettività è un documento ampio, serio, realizzabile finalmente sulla martoriata terra dell’azione didattica e non solo nei cieli delle utopie pedagogiche di cui spesso si è avvalsa la macchina dello Stato educatore. Un documento scritto in un contesto particolare, sotto l’urto di una pandemia non ancora conclusa e la spinta derivata da una solidarietà politica nazionale che tiene finché funziona la “moral suasion” del Capo dello Stato che l’ha voluta.
Perciò un testo non infittito del solito burocratese delle mille circolari asettiche, ma strano, per certi aspetti disorganico, criticabile se vogliamo per gli eccessivi cedimenti ai termini in inglese (anche Draghi chiedeva di trattenersi) ma di cui non si potrà dire che manchi di preoccupazione sincera per la situazione in cui versano i ragazzi e perfino di umanità (!).
Vediamo dunque. La crisi pandemica, vi si dice a mo’ di esordio, ha impattato sugli studenti rendendo più fragili i fragili e più poveri i già poveri in termini di apprendimenti e di socialità. Per recuperare il terreno perduto, le scuole non dovranno né rincorrere, né inventarsi chissà che cosa, ma semplicemente aprirsi all’esterno. Farsi aiutare non è un limite ma una risorsa. Due gli obiettivi del piano: rinforzare le “competenze disciplinari” (categoria, sia detto per inciso, che media in modo accettabile tra competenze e conoscenze) e recuperare la socialità smarrita. Perciò le scuole resteranno aperte tutta l’estate per rendere possibili, nel quadro dell’autonomia progettuale loro consentita, percorsi che si svilupperanno in tre fasi.
In sintesi: il mese di giugno sarà dedicato al rinforzo e al potenziamento. Orientamento, sport, arte, attività laboratoriali potranno dare corpo a questi obiettivi, ma saranno da preferire i recuperi per i bambini dei primi anni della scuola elementare e per gli studenti dei primi anni della scuola media in merito alle abilità di base (lettura, scrittura e calcolo) per i primi; italiano, matematica e lingua inglese per i secondi. Gli alunni della scuola superiore che più hanno patito la didattica a distanza potranno rinforzare gli apprendimenti e la socialità immergendosi in una sorta di “summer school” sulla base di varie possibilità di tutoraggio.
Luglio e agosto (seconda fase): forse la più aleatoria. Qui si dà libero corso ai “patti educativi di comunità” e alle attività Campus (computing, arte, musica, vita pubblica, sport). Settembre (terza fase): ancora rinforzo e potenziamento in vista della ripartenza. Si potranno prevedere attività laboratoriali e momenti di ascolto. Si suggeriscono innovazioni didattiche in formato “blended”, “one to one”, “cooperative learning” (vedi sopra). Ma si capisce che si punta alla personalizzazione dei recuperi.
Il documento apre a questo punto la parte dedicata alle motivazioni con un paragrafo intitolato “La cornice di senso”, a memoria d’uomo introvabile in altri testi paragonabili. Qual è questa cornice? Semplice: ciò che si fa in estate (ma potrebbe valere per tutto l’anno scolastico) deve avere senso, cioè trarre linfa non solo dallo specifico disciplinare ma da quello che è successo in questi tempi nella vita di ciascuno di noi, in modo che sia “ricucito il nesso fra gli apprendimenti e la propria esistenza”. Anche la valutazione, pertanto, dovrà evitare gli effetti della misurazione standardizzata e puntare a scoprire il “di più” che gli alunni hanno imparato magari in maniera sparsa durante la pandemia. Il tutto all’insegna di un principio che è come lo slogan dell’intera operazione: “usare gli apprendimenti formali per fare esperienza del fatto che studiando e ricercando si può comprendere più e meglio la realtà”.
Dulcis in fundo, il documento ministeriale mette a disposizione delle scuole 510 milioni di euro. Che sarebbe un peccato non usare e ancor di più sprecare.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.