TRE PROPOSTE PER SALVARE L’INPGI
Come spiega adginforma.it, il comitato “Salviamo la previdenza dei giornalisti” è stato ricevuto dal sottosegretario Moles a Palazzo Chigi e gli ha sottoposto tre proposte di riforma pensioni, alternative l’una all’altra, per cercare di mettere in sicurezza l’Inpgi. La prima prevede il ritorno dell’Inpgi nella sfera pubblica. La secondo prevede invece “la creazione di un Fondo speciale presso l’Inps simile a quello disegnato nel 2003 per l’Inpdai, con clausole di salvaguardia dei diritti acquisiti”. In questo modo “si potrebbe risolvere lo ‘squilibrio strutturale della previdenza giornalistica tra numero di contribuenti e numero di assistiti”. La terza proposta passa dall’introduzione di “forme innovative di riconoscimento del diritto d’autore”, per esempio l’applicazione di “un equo compenso dello sfruttamento digitale di contenuti editoriali, attraverso un contributo mensile, da quantificare, sui circa 104 milioni di Sim telefoniche attive in Italia”. Questo perché “la fruizione di contenuti giornalistici senza corrispettivo per gli editori” avviene soprattutto attraverso gli smartphone.
I RISCHI DEL CALO DEMOGRAFICO
In occasione degli Stati Generali della Natalità, Gian Carlo Blangiardo ha spiegato che l’Istat stima per il 2021 un numero di nati pari a 394.210, in ulteriore calo rispetto ai 407.076 dell’anno scorso. A contribuire a questa diminuzione c’è anche la forte riduzione dei matrimoni visto che, come evidenziato dal Presidente dell’Istat, l’Italia è un Paese “in cui le nascite avvengono per due terzi all’interno del matrimonio”. Secondo quanto riporta Teleborsa, Blangiardo ha anche sottolineato i problemi per il sistema previdenziale determinati dal calo demografico. “Siamo passati da un rapporto di 26 per ogni 100, 26 in età da pensione per ogni 100 in età da lavoro ad un rapporto di 39 oggi e andiamo verso qualcosa che arriverà più o meno attorno a 60 nell’arco di qualche decennio. È evidente che, in queste condizioni, il problema degli equilibri nel sistema previdenziale è estremamente delicato e importante”, ha detto il Presidente dell’Istat. Numeri che bisognerà tenere in mente nel dibattito sulla riforma pensioni.
RIFORMA PENSIONI, LE RICHIESTE UILP
La Uilp di Ascoli Piceno e Fermo, analizzando i dati relativi alle pensioni erogate nelle Marche, evidenzia la necessità di “una riforma del sistema previdenziale ricordando che con il 31 dicembre termina la sperimentazione di Quota 100”. Come riporta fotospot.it, il sindacato ricorda quelle che sono le proposte di riforma pensioni presentate unitariamente dalle confederazioni Cgil, Cisl e Uil, ovvero “l’accesso alla pensione da 62 anni età, o con 41 anni di contributi a prescindere dall’età”, il riconoscimento alle donne di “12 mesi per ogni figlio per anticipare l’età dell’uscita oppure incrementare il coefficiente di calcolo della pensione”, l’introduzione di una pensione di garanzia per i giovani, la separazione “tra spesa previdenziale e assistenziale che sono cose diverse”, un intervento fiscale perché l’Irpef “pesa principalmente sui redditi da lavoro dipendente e da pensione”, ma “fra questi c’è una profonda differenza fiscale poiché, a parità di reddito, i pensionati pagano una quota maggiore di fisco”.
LE PAROLE DI GRIMALDI
Marco Grimaldi ricorda che “in Italia il 28% dei giovani ha uno stipendio medio mensile che non supera gli 800 euro” e che “le scuole, le università, i servizi educativi e sociali, i settori chiusi da un anno di pandemia sono sorretti e garantiti dal lavoro di migliaia di precari, che lavorano con contratti part-time e a gettone (a cottimo) con salari da fame e hanno all’orizzonte pensioni misere e lontanissime, o nessuna pensione”. Come riporta il torinese.it, secondo il capogruppo di Liberi Uguali Verdi in consiglio regionale del Piemonte, “lo Stato italiano e la politica hanno costruito un vero e proprio esercito di sottoccupati, generazioni prive di futuro, di salario e di stabilità. La pandemia ha aggravato la loro fragilità. Ecco. Altro che Next Gen. Ma i giovani lavoratori, molti dei quali ultra qualificati e sistematicamente demansionati, alla faccia del merito, devono continuare a sentirsi insultati dai responsabili di tutto ciò. Avete distrutto vite individuali e il nostro futuro collettivo, abbiate la dignità di tacere”, sono le parole di Grimaldi a commento di alcune dichiarazioni del ministro Brunetta.
RIFORMA PENSIONI, I DATI SUL CONTRATTO DI ESPANSIONE
L’estensione del contratto di espansione alle imprese con almeno 100 dipendenti (rispetto ai 250 previsti attualmente nella norma) che potrebbe far parte del Decreto sostegni bis “potrebbe interessare una platea di circa 27mila dipendenti nel 2021, e altrettanti nel 2022, che potrebbero così uscire, volontariamente, e in modalità incentivata, dall’impresa”. Lo scrive Il Sole 24 Ore che ha preso visione della bozza di relazione tecnica alla norma di riforma pensioni che potrebbe, come detto, essere inserita nel decreto che il Governo dovrebbe approvare la prossima settimana. Il quotidiano di Confindustria spiega anche che “il costo della norma messa a punto dai tecnici dell’esecutivo, in raccordo tra palazzo Chigi e il ministero dell’Economia, è stimato tra i 200 e i 300 milioni di euro, e sulla misura si è subito registrato un sostanziale via libera da parti sociali e maggioranza”.
LE PAROLE DI ALBINI
Secondo Pierangelo Albini, direttore dell’area Lavoro, Welfare e Capitale umano di Confindustria, il contratto di espansione va ripensato, perché “deve aiutare le imprese a realizzare un piano di transizione nella logica del Pnrr, sul digitale o verso la green economy. Per far ciò serve uno strumento che consenta di fare formazione per aggiornare le competenze del personale, assumere giovani e accompagnare al pensionamento o ad altro impiego il personale che non è parte del progetto di trasformazione dell’azienda”. Vedremo quindi se l’esecutivo, oltre a estendere la platea delle imprese destinatarie del contratto di espansione, rivedrà anche la misura nella direzione auspicata da viale dell’Astronomia.