Da uomo di sinistra qual’è sempre stato, Luca Ricolfi è stata una delle voci – assieme a Sabino Cassese – sicuramente più critiche fin dall’inizio della pandemia Covid-19 sulla gestione effettuata dal Governo Conte-Speranza: il livello di critica non si è esaurita neanche con l’esecutivo Draghi, sebbene evidenziandone un risvolto certamente più positivo per nomine effettuate e scelte più calibrate.
Ma il problema di base, ovvero l’utilizzo del lockdown, permane per entrambi gli ultimi Governi: «sia il primo lockdown (marzo-aprile), sia il secondo (ottobre-aprile) potevano essere molto più brevi, con enormi benefici per l’economia (e per le nostre esistenze). Nel mio libro dimostro che, dato un obiettivo di abbattimento dei contagi e dei decessi, lo si può raggiungere molto più rapidamente anticipando il lockdown, e invertendo l’ordine dei fattori (swap): prima il lockdown duro, poi quello soft. Se avessimo seguito questa strategia (anticipo+swap) avremmo risparmiato almeno 3 settimane in occasione del primo lockdown, e almeno 3 mesi (forse 4) in occasione del secondo», osserva Ricolfi nella lunga intervista di Daniele Capezzone su “La Verità”. Un migliore e più ragionato criterio di chiusure-riaperture avrebbe migliorato non solo la condizione economica della maggioranza degli italiani, ma anche lo specifico dramma delle vite umane perse con la pandemia: «sarebbero stati al massimo un terzo di quelli che abbiamo avuto, con un risparmio di al- meno 80.000 vite umane», se solo si fosse scelta la strada “suggerita” da Ricolfi e da diversi studi scientifici internazionali.
RICOLFI “BOCCIA” IL DDL ZAN: “CENSURA DELL’ESTABLISHMENT”
Il sociologo ordinario di analisi all’Università di Torino (e presidente della fondazione David Hume) ritiene sicuramente a buon punto la campagna vaccinale, ma non per questo i problemi saranno conclusi a breve: per Ricolfi, l’immunità di gregge non arriverà in autunno dato che non basta che vi sia un’elevata percentuale di vaccinati, «serve che quasi tutto non trasmettano l’infezione, il che al momento pare ancora dubbio, specie per AstraZeneca». Ma la punta di maggior critica per Ricolfi va puntata sulla distinzione purtroppo netta che si è creata nella società tra “garantiti” e “non garantiti”: posto che la circolazione all’aperto del Covid è assai meno impattante rispetto ai luoghi al chiuso, «Ho fatto un calcolo, e mi risulta che purificare l’aria in tutte le aule scolastiche sarebbe co- stato meno che acquistare i banchi a rotelle. Se si voleva salvare l’economia, era meglio mettere in sicurezza scuole, uffici e trasposti pubblici, anziché massacrare quella che chiamo “la società del rischio”, ossia il mondo del lavoro autonomo». Durissima è quindi l’invettiva lanciata contro il Governo giallorosso non solo sul fronte sanitario: «Alla sinistra rimprovero l’iper-tutela della sua base elettorale, ossia dei garantiti, e il cinico abbandono dei non garantiti, come se questa non fosse la diseguaglianza fondamentale dell’Italia di oggi». Chiudendo l’intervista a “La Verità” altra “bordata” alla sinistra giunge su un tema decisamente diverso come il Ddl Zan: come ha giustamente notato Guia Soncini nel suo libro “L’era della suscettibilità”, il problema per il sociologo è che le persone (e così anche lo Stato) oggi non sa distinguere tra parole di vera minaccia e parole che ledono la sensibilità di individui o gruppi. Inoltre, tre i fattori di grosso rischio con il Ddl vengono sottolineati da Ricolfi: «la rieducazione dei reprobi, in perfetto stile maoista (art. 5); l’indottrinamento degli scolari (art. 7); il finanziamento permanente, con 4 milioni annui, delle associazioni Lgbt presso cui i reprobi potrebbero essere rieducati». Da ultimo, il problema dei problemi per il sociologo professore è che la libertà di espressione oggi come all’epoca è sempre stato un tema di sinistra mentre la censura è tema «della destra conservatrice e bacchettona. Oggi è il contrario, ma è logico: perché ci sia censura, occorre un establishment, e oggi l’establishment è la sinistra».