Riforma della giustizia? Non s’ha da fare per Francesco Specchia. Il giornalista di Libero ieri a “Omnibus” ha svelato un retroscena che riguarda il Guardasigilli Marta Cartabia. «Per fare una riforma totale della giustizia penale ha bisogno di una maggioranza e in Parlamento e io credo che non ce l’abbia in questo momento perché i magistrati sono equamente divisi tra destra e sinistra. C’è tutto il problema della loggia Ungheria a latere e del caso Amara che è connesso all’avvicendamento dei capi delle procure. È un delirio quello lì», la premessa fatta a La7. Quindi ha spiegato che la ministra Cartabia «è candidata alla Presidenza della Repubblica e per questo servono i voti del MoVimento 5 Stelle che è giustizialista». Da qui la sua conclusione: «La riforma si farà secondo me nella parte strettamente legata alla giustizia civile e amministrativa». Non ci sarà quella della giustizia penale, perché «è un inferno, è difficile entrarci e ci sono equilibri politici atavici e conflitti di interesse che difficilmente riusciremo a risolvere in questa legislatura».
“CARTABIA SI MUOVE CAPO DELLO STATO IN PECTORE”
Dell’ipotesi Marta Cartabia al Quirinale ha parlato nei giorni scorsi anche Massimiliano Scafi al Giornale, spiegando che sarebbe una candidata credibile per prendere il posto di Sergio Mattarella. Sembra avere le carte in regola, oltre che idee chiare sul futuro dell’Italia e competenza, anche perché ha dimostrato di saper mettere i partiti con le spalle al muro sul tema della giustizia. «Se non approviamo la riforma del processo penale, civile e del Csm entro la fine dell’anno, ci giochiamo il Recovery Plan». Dunque, per il Giornale, a differenza di quanto dichiarato dal giornalista di Libero, proprio la riforma della giustizia è la chiave per entrare al Quirinale. Il suo obiettivo è costruire un modello di giustizia veloce ed efficiente e conta di riuscirci. «Tutti la ascoltano in silenzio quando parla in Consiglio dei ministri, tutti si alzano in Parlamento quando arriva in commissione. Si muove come un capo dello Stato in pectore, come una predestinata», ha scritto Scafi.