Sanità, la Lombardia e l’auspicio di Annibale

La sanità lombarda è un esempio di eccellenza e di attrattiva per molti pazienti. Perché oggi si assiste a uno spoil system “geografico” dei suoi manager?

Che la sanità lombarda sia un settore di attività largamente attrattivo e che da tutte le regioni italiane siano molti i pazienti che in essa vengono a farsi curare è nozione del tutto ovvia, così come è altrettanto ovvio che la popolazione della Lombardia (circa 10 milioni) è quasi il doppio di quella di qualunque altra regione del nostro paese.

Perché allora parlare di argomenti così ovvi? Perché nella sanità lombarda, universalmente considerata (al di là delle critiche proposte da taluni relativamente al suo modello organizzativo) una sanità di eccellenza, si sta verificando un interessante fenomeno che ci riporta (eufemisticamente parlando) a un pezzo della nostra storia (molto) passata. Cosa sta succedendo?

Il modello organizzativo di sanità definito dalla legge 31/1997 (Formigoni) e dalla legge 23/2105 (Maroni) si discosta sostanzialmente (non è questo il luogo per una discussione di merito) dal modello veneto, eppure per governare la sanità lombarda si stanno importando dalla regione vicina manager ai più alti livelli di responsabilità: è stato chiamato il direttore generale della Direzione Welfare della Regione (Pavesi), è stato chiamato il direttore di Aria (Gubian), e adesso scopriamo (lettera protocollo GI.2021.0018766 del 25/03/2021, Oggetto: collaborazione) che viene chiesta al direttore generale di Agenas, Domenico Mantoan (storico direttore generale della sanità veneta), una collaborazione per “implementare e gestire un sistema di valutazione periodica delle Direzioni Generali degli Enti del sistema sociosanitario regionale (ATS, ASST, Fondazioni IRCCS e AREU)”.

Nota bene: per chi non fosse sufficientemente informato ricordiamo che un sistema di valutazione dei manager degli enti del sistema sociosanitario regionale c’è ormai da molti anni in Regione Lombardia, e non sembra sia stato messo in discussione nemmeno dal recente documento di Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) che ha sottoposto a feroce critica il servizio sanitario regionale post legge 23/2015. Tale sistema può essere ovviamente sempre modificato e aggiornato, e di enti/istituti terzi (pubblici e privati) attrezzati per la bisogna in Lombardia (approccio sussidiario) ce ne sono parecchi.

Parliamoci chiaro: diciamo subito che non abbiamo assolutamente nulla da eccepire sui singoli soggetti che sono stati chiamati, che conosciamo personalmente e stimiamo (anche per avere avuto l’opportunità di collaborare con alcuni di essi). Non è una questione di bottega e neppure di nascita, ma ci chiediamo: che segnali stiamo dando all’intero Servizio sanitario regionale? Che (nonostante la Lombardia abbia il doppio di abitanti di qualsiasi altra regione italiana) non ci sono sul territorio manager all’altezza della situazione? Anche il caso Bertolaso, ad esempio, potrebbe essere letto in questa direzione, ma crediamo che almeno dal 1997 (riforma Formigoni, per non andare più indietro) in poi il sistema sanitario regionale abbia usufruito della competenza e dedizione di fior fiore di manager. E’ un problema di colore politico? Non sembrerebbe, considerata la conformazione delle amministrazioni che governano le due regioni, a meno che si sia di fronte ad un sistema di “spoil system”, che per tanti motivi potrebbe anche essere comprensibile, ma uno spoil system non “politico” bensì “geografico” (che al momento ci sembra non avere simili nel nostro paese)? O si vuole dire che non si ritiene più adeguato il modello sanitario fin qui implementato e ci si vorrebbe indirizzare su altre strade? Sarebbe un errore madornale (anche se le critiche di Agenas portano esplicitamente in tale direzione), e ne abbiamo ripetutamente parlato proprio da queste colonne.

Non siamo esperti di dietrologia e ci fermiamo pertanto qui con le domande e le considerazioni.

Vogliamo però concludere con una frase palindroma (cioè una di quelle frasi che si leggono indifferentemente da sinistra a destra o da destra a sinistra) perché riteniamo contenga due utili insegnamenti: “in Italia esso fece fosse ai latini”. Come noto, la frase è riferita alla discesa di Annibale nel nostro paese con i suoi elefanti (settembre 218 a.C.): il contenuto della frase ci consegna un monito (si possono vincere delle battaglie, ma alla fine si può perdere la guerra); la forma palindroma rappresenta invece un auspicio, e cioè che (visto da sinistra a destra o da destra a sinistra) il Servizio sanitario regionale continui a proporsi come un servizio di eccellenza, come (ad esempio) ancora recentemente dimostrato per il comparto ospedaliero dalla classifica stilata da Newsweek e riportata anche sul Sussidiario, al di là della provenienza geografica dei suoi alti dirigenti.

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