Nella requisitoria tenutosi ieri sul processo Xenia, l’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano ha visto la pesante richiesta del pm Permunian di 7 anni e 11 mesi per i reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e truffa, in relazione ai progetti di accoglienza agli immigrati nel piccolo comune della locride. Oggi al Manifesto Lucano accusa però i teste intervenuti durante il processo di non essere per nulla attendibili: «Ma voi mi vedete che faccio una concussione, che prendo le mazzette o che governo Riace come un dittatore proprio io che da sindaco facevo la fila negli uffici pubblici come tutti i cittadini», attacca l’ex sindaco il giorno dopo la richiesta della procura.
Rispondendo alle domande dei due inviati del Manifesto a Catanzaro, Lucano non le manda a dire all’impianto giudiziario che lo vede alla sbarra con accuse molto gravi: «Per continuare con le sentenze del Tar Calabria e del Consiglio di Stato sull’illegittimità della chiusura dello Sprar e del trasferimento forzato dei migranti da parte del Viminale. E infine il Riesame di Reggio che ha definito “inconsistente” il quadro giudiziario, denunciato l’assenza di riscontri alle conclusioni della Procura perché fondate su “elementi congetturali o presuntivi”. Malgrado ciò l’accusa è proseguita nel riproporre ipotesi di reato già invalidate. E lo stesso dibattimento ha suffragato le nostre tesi. A gennaio il super teste (Francesco Ruga ndr) durante il controesame ha dovuto ritirare l’accusa di concussione contro di me riconoscendo che non lo avevo mai minacciato. E’ lo stesso teste che già nel 2018 il Gip aveva dichiarato inattendibile accusando la Procura di essersi fidata delle sue parole senza approfondire. Ma tutto questo non ha colpito per niente il Pm, che anzi ha ribadito l’attendibilità di Ruga».
IL PROCESSO A MIMMO LUCANO
Mimmo Lucano accusa il Viminale e la politica di aver fatto pressioni nel corso degli anni per impedire il sistema di accoglienza messo in piedi a Riace: «inevitabilmente però queste pressioni comportavano anche scorciatoie: con quei numeri, e quei tempi stretti, quando i pullman carichi erano praticamente già nella piazza del paese, come avrebbe potuto il Comune bandire gare pubbliche per l’assegnazione dei servizi? Per questo a Riace sono nate varie associazioni e cooperative, per riuscire a far fronte alla necessità di ampliare i servizi. Nel processo però queste assegnazioni dirette sono diventate imputazioni di reato. Insomma, Riace veniva usata per risolvere l’emergenza, dopodiché è stata messa sotto processo con l’accusa di averla risolta in modo emergenziale». Secondo il politico divenuto icona della sinistra, con questo processo si tenta di «criminalizzare la solidarietà. In tutti questi anni da sindaco non mi sono reso conto appieno che quel che facevo era più grande di me. Eravamo diventati inconsapevolmente dei modelli. Eravamo la sinistra che realizzava le utopie e dava fastidio. Davamo speranza a chi cercava un riscatto». Non lo dice apertamente ma è come se avvallasse la domanda del Manifesto sul presunto “attacco pretestuoso” mosso dai giudici contro il “sistema Riace”: «Avrei potuto presentarmi per il Parlamento europeo ma ho rinunciato al possibile seggio e anche alla relativa immunità parlamentare. Spero solo che non si tratti di una sentenza politica».