Bes, dal buio una via d’uscita

Ci sono almeno due serie di ragioni per cui vale la pena di tornare a parlare del Rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile (Bes) pubblicato dall'Istat a marzo

Ci sono almeno due serie di ragioni per cui vale la pena di tornare a parlare del Rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile (Bes) pubblicato dall’Istat a marzo. La prima è non dare per scontato di sapere “come sta” il Paese. E di saperlo al di là delle “istantanee” che ne vengono scattate su particolari ogni volta diversi.

L’indagine Bes offre un quadro d’insieme composto da un ampio spettro di parametri, che vanno dalla salute all’istruzione e al lavoro; dalla ricchezza economica alle relazioni sociali; dalla partecipazione alla vita politica e istituzionale alla sicurezza; dal benessere soggettivo al patrimonio culturale e alla salute dell’ambiente. Insomma, è uno strumento importante per considerare scenari di medio e lungo termine e per capire il presente un po’ più a fondo, superando i limiti di una visione incentrata sul Pil.

Il secondo motivo è che contiene informazioni importanti e, per certi versi, anche sorprendenti. Ne parlerà il presidente dell’Istat Giancarlo Blangiardo lunedì 24 maggio a Milano in Università Bicocca.

La “sorpresa” purtroppo non riguarda l’impatto della pandemia sul nostro Paese, che si conferma pesante. Oltre a un impoverimento medio collettivo, il Covid-19 ha prodotto un aumento netto delle disuguaglianze. A causa dei tagli decennali alla spesa pubblica – commenta Blangiardo – il sistema sanitario dispone “di meno posti letto, di medici di età mediamente più elevata, per il blocco del turnover, con l’effetto complessivo di una maggiore disuguaglianza nell’accesso alle cure”. Anche sul fronte educativo-formativo, la situazione è tutt’altro che rosea: “I bambini iscritti al nido e i giovani che si laureano sono ancora troppo pochi, e il divario con l’Europa sull’istruzione continua ad allargarsi”.

Gli investimenti in ricerca e sviluppo, come quelli per la tutela e la valorizzazione di beni e attività culturali, restano distanti da quelli degli altri Paesi. La produttività del lavoro rimane bassa e la povertà assoluta torna ad aumentare.

Anche sul lato ambientale il quadro non è positivo: vi sono criticità sul fronte dell’inquinamento di acqua e aria, ad esempio, e non si ferma il consumo di suolo e l’abusivismo.

Visto il quadro, non c’è da sorprendersi allora se i morti per Covid sono così tanti in Italia, più di quelli di Paesi con molti più contagi; se è cresciuto il numero dei Neet, ragazzi che non studiano, non lavorano e non sono inseriti in programmi di formazione professionale; se il mercato del lavoro è così poco dinamico.

Dal Bes emerge una crisi culturale, di qualità della vita, di capacità di affrontare la realtà che spiega anche perché la crescita della ricchezza fosse così rallentata anche prima della crisi pandemica.

Il Bes lascia emergere i problemi dell’Italia nella loro radicalità. E fa capire perché per affrontarli non è sufficiente il reperimento di risorse economiche. Non basterà per risollevarsi un aumento della spesa pubblica e non basteranno i fondi europei del Next Generation Eu.

Il Bes, però, contiene anche una bella sorpresa. Nel capitolo sul benessere soggettivo parla di aumento delle persone che, pur preoccupate del loro futuro, sono molto soddisfatte della propria vita. Sono soprattutto persone che vivono relazioni sociali e sentono di appartenere a delle comunità. I più soddisfatti appaiono coloro che possono passare più tempo con i figli, con le famiglie, con gli amici o hanno scoperto insospettate risorse personali di resilienza durante la pandemia, che hanno potuto riassaporare il senso di appartenenza alla comunità e sono più disponibili a confrontarsi con chi è fuori dal loro giro. Sono più contenti i giovani, quelli che possono studiare e sanno godersi il tempo libero.

Riemerge, in altre parole, un desiderio ideale di vita non individualista, da vivere in realtà sociali e in corpi intermedi. Una delle dimensioni tra le più disertate, considerate inutili in questi ultimi trent’anni di culto della personalità, di distruzione del vivere assieme, di ricerca dell’assistenzialismo da una parte e di esaltazione del darvinismo sociale ed economico dall’altra. Ma sono anche le qualità che hanno permesso alla nostra gente di risollevarsi da condizioni di difficoltà estreme.

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