Pnrr, ovvero il fare per la ripresa della nazione; tutt’altro che piano però, in fretta! La resilienza, invece, puoi tirarla dove vuoi; pure non usarla. Dunque, andiamo al sodo, alla ripartizione delle risorse per mission.
Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura: 40,32 miliardi dal Pnrr + 0,8 da React-Eu + 8,74 dal fondo complementare.
Rivoluzione verde e transizione ecologica: 59,47 miliardi dal Pnrr + 1,31 da React-Eu + 9,16 dal fondo complementare.
Infrastrutture per una mobilità sostenibile: 25,4 miliardi dal Pnrr + 6,06 dal fondo complementare.
Istruzione e ricerca: 30,88 miliardi dal Pnrr + 1,93 da React-Eu + 1 dal fondo complementare.
Inclusione e sociale: 19,81 miliardi dal Pnrr + 7,25 da React-Eu + 2,77 dal fondo complementare.
Salute: 15,63 miliardi dal Pnrr + 1,71 da React-Eu + 2,89 miliardi dal fondo complementare.
Draghi, dopo cotanto snocciolato, chiosa: “Il Governo stima che gli investimenti previsti nel piano avranno un impatto significativo sulle principali variabili macroeconomiche e sugli indicatori di inclusione, equità e sviluppo sostenibile (Sdgs). Nel 2026, l’anno di conclusione del Piano, il Prodotto interno lordo sarà del 3,6 per cento più alto rispetto all’andamento tendenziale e l’occupazione di quasi 3 punti percentuali. Gli investimenti previsti nel Piano porteranno inoltre a miglioramenti marcati negli indicatori che misurano la povertà, le diseguaglianze di reddito, l’inclusione di genere e un marcato calo del tasso di disoccupazione giovanile”.
Santo subito se riesce a disporre così l’adeguamento della produttività totale dei fattori dell’intero sistema Paese! Se, ben prima della pandemia, si stava inerti davanti agli squilibri di sistema, occorre ricalibrare l’equilibrio marginale dei ruoli di produzione e consumo, trasformando il problema in opportunità!
Sì, se la sovraccapacità dell’impresa confligge con l’affrancamento dal bisogno dei consumatori, diventa opportuno pigliare al volo quel che ne viene: la crescita dell’utilità marginale della domanda; farne il fuoco per disporre un nuovo equilibrio del sistema e ridurre l’output gap. Per farlo, occorre metter mano ai modi del funzionamento di quel meccanismo, utilizzato nel trasferimento della ricchezza generata dalla spesa, per il remunero dei fattori produttivi che fin oggi ha retribuito chi ha concorso a generarla [1], non chi ne genera i due terzi.
Il paradosso, insomma, rimbomba; nella cunetta, dove ristagna la produttività totale dei fattori, si annaspa!
[1] La distribuzione della ricchezza sembra seguire un modello: “La regola 80-20-80. L’80% della popolazione possiede solo il 20% del capitale totale, mentre il restante 20% possiede l’80% dello stesso capitale”.
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