Le prime cose che mi vengono in mente leggendo il bel libro di Carlo Soave, Fiorenza De Bernardi e Umberto Fascio “Grandi Cambiamenti: evoluzione tra competizione e cooperazione” sono una serie di ricordi che punteggiano la mia ormai lunga carriera scientifica della quale comincio a intravvedere, con una certa malinconia, il termine che si avvicina.
Il primo ricordo è abbastanza recente e risale al 25 maggio 2017, quando ero stato invitato a tenere una conferenza all’Istituto Lombardo di Scienze e Lettere; il titolo che avevo scelto era Competizione e cooperazione nelle storie vitali degli organismi marini. Cercavo di mostrare, attraverso una serie di esempi, come molto spesso l’onnipresente competizione (lo struggle for life darwiniano) possa evolversi in cooperazione tra individui o tra specie dando luogo a novità di interesse evolutivo. Carlo Soave e Fiorenza De Bernardi erano presenti e furono gentili nei miei confronti dimostrandosi molto interessati alla mia relazione. Solo ora scopro che le poche idee che allora avevo esposto erano già state da loro elaborate, probabilmente da molto tempo, in un contesto molto più ampio e approfondito come possiamo leggere nel prezioso volume appena pubblicato.
Un secondo ricordo riguarda infinite discussioni fatte con il mio maestro, Miche Sarà, riguardanti temi evoluzionistici. Con lui, che non sapeva guidare, ho viaggiato per migliaia di kilometri, prevalentemente nell’Europa settentrionale, alla ricerca di specie particolari delle nostre amate spugne. Sarà era un grande conoscitore di animali ma era soprattutto un pensatore e il suo pensiero spaziava sui diversi aspetti dell’evoluzione, in particolare su quelli epigenetici che proprio negli anni ’80 cominciavano a essere considerati e discussi. Molte di quelle discussioni trovarono successivamente spazio nel volume “Evoluzione costruttiva” (UTET, 2005).
In questo genere di riflessioni eravamo avvantaggiati dai gruppi di animali ai quali avevamo prevalentemente dedicato la nostra attenzione: le spugne e gli idrozoi. Le spugne non hanno una forma definita ma si adattano in continuo alle condizioni ambientali in modo da massimizzare la loro capacità di filtrazione. Questa attitudine, che allora chiamavamo plasticità fenotipica e che per molto tempo è stata considerata alla stregua di una curiosità zoologica, oggi sappiamo essere determinata da fenomeni di regolazione che modificano l’espressione dei geni in base a dati provenienti dall’ambiente: un flusso di informazioni con una direzionalità dal preoccupante sapore lamarckiano.
Qualcosa di simile ma anche di molto diverso accade negli idrozoi. Questi piccoli animali acquatici, sconosciuti ai più, conducono un ciclo di vita che comprende due forme del tutto alternative. I polipi che si riproducono asessualmente, costituiscono colonie di centinaia di elementi che, rimanendo attaccati al fondo come piante, filtrano l’acqua traendone cibo. Da queste colonie, sempre per riproduzione asessuale, si staccano meduse che nuotano attivamente mediate pulsazioni dell’ombrella e, percependo le variazioni di luminosità tramite organi di senso, si spostano in tutto lo spessore del mezzo liquido. Mi affascina molto l’idea che uno stesso genoma, opportunamente regolato possa produrre, nelle varie fasi della vita di uno stesso organismo, le caratteristiche morfologiche tipiche di ciascun fenotipo.
D’altra parte, il fenomeno delle cosiddette forme alternative, che possono caratterizzare fasi diverse della vita di uno stesso individuo, è estremamente diffuso se si pensa alle differenze che spesso si riscontrano tra le fasi larvali di numerose specie e il corrispondente adulto. In molti casi le larve sono così diverse dalle forme adulte da occupare nicchie ecologiche completamente separate attingendo a fonti di cibo del tutto alternative. È il caso di un’infinita miriade di insetti quali ad esempio le farfalle le cui larve vermiformi si nutrono di foglie che tagliano con le potenti mascelle mentre gli adulti alati, suggono il nettare dei fiori tramite le parti boccali enormemente allungate a formare la famosa spiritromba. Il fenomeno è talmente pervasivo del regno animale che sembra incredibile che sia stato necessario aspettare gli anni ’80 perché potesse essere discusso in ambito evoluzionistico (West-Eberhard, M. J., “Alternative adaptations, speciation, and phylogeny”, PNAS 1986, 83(5), 1388-1392). La questione è complessa perché è evidente che, negli organismi caratterizzati da forme alternative, la selezione naturale agisce con modalità diverse nei diversi contesti ecologici in cui ciascuna forma si muove.
È stato più volte ricordato che l’evoluzione è il più importante fenomeno biologico che sottende qualunque contesto riguardante lo studio degli organismi. Come dimostrano i ricordi che ho qui brevemente esposto, anche durante la mia carriera di zoologo di campo questa problematica è emersa continuamente. La questione è sempre stato però quello di elaborare una teoria nella quale tutte queste osservazioni e moltissime altre potessero trovare spazio, senza doverne censurare o dimenticare nessuna. Il primo sforzo in questo senso è quello di sviscerare in modo coerente i diversi aspetti del problema. Questo è esattamente quello che hanno fatto i tre autori di questo volume basato su una documentazione accurata e caratterizzato da una notevole chiarezza espositiva. Ovviamente lo sforzo è immane: se l’opera di Soave e coautori non è una nuova sintesi, di sicuro ha il merito di rendere chiaro il fatto che di una nuova sintesi abbiamo urgente bisogno.
Carlo Soave, Fiorenza De Bernardi, Umberto Fascio
Grandi Cambiamenti
Evoluzione tra competizione e cooperazione
Hoepli, Milano 2021
Pagine X+116 euro 12,90
Recensione di Giorgio Bavestrello