Al netto dell’emergenza in atto, è sempre ed ancora tempo di politica, in vista del rinnovo di molte amministrazioni locali, tra cui, come noto, quelle di Napoli e Caserta, ambiti territorialmente vicini, per questo da tempo al centro di una progettualità amministrativa ed istituzionale che vada oltre i tradizionali confini; che, in altre parole, segni una linea di continuità tra la metropoli e quella che una volta veniva definita provincia.
Le elezioni napoletane costituiscono, in ogni caso, l’occasione per (ri)aprire una risalente quanto ancora feconda discussione, ossia che l’autosufficienza di Napoli sia un’idea sbagliata. La separazione fra metropoli e provincia, oltre che anacronistica, risulta dannosa per tutti, per i napoletani ed i campani, soprattutto in ragione della crescente interdipendenza dei sistemi urbani e, conseguentemente, della diffusa mobilità territoriale. Giova in tal senso, ricordare che già la legge Delrio (56/2014) favoriva aggregazioni di comuni e aree metropolitane, al fine di lenire le disfunzioni della macchina amministrativa generale, in qualche modo snellendola. In quell’aere normativo, nel 2015, prese forma la Città metropolitana di Napoli, che, inizialmente, per facilitarne la fase di avvio, si limitava al territorio partenopeo.
Negli ambiti napoletani, già da allora, guadagnava tuttavia consensi l’idea di suddividere la Regione in due macroaree: a) una prima che raggruppi le parti più urbanizzate ed infrastrutturali; b) una seconda caratterizzata da obiettivi di salvaguardia ambientale. Ovviamente ciascuna delle cinque province campane avrebbe potuto partecipare con porzioni del proprio territorio all’identificazione delle due rispettive tipologie di macroarea.
Nel caso della provincia di Caserta, la configurazione della conurbazione “Caserta e Antica Capua”, nella versione elaborata già precedentemente dal Prusst (Programmi di riqualificazione urbana e sviluppo sostenibile del territorio promossi dal Decreto ministeriale dell’8 ottobre 1998) si presentava già idonea a svolgere un ruolo di rilievo partecipando alla prima delle due aree, quella che in ragione di una maggior presenza di infrastrutturazione potesse perseguire obiettivi di sviluppo e competitività. Terra di lavoro costituisce, infatti, un’area centrale nel sistema dei corridoi europei, possedendo tutti i requisiti idonei a conferirle il ruolo di “sistema di livello intermedio” tra la macroarea napoletana e le altre aree della Regione. Sistemi intermedi che furono individuati anni addietro dal ministero delle Infrastrutture per ciascuna regione d’Italia, al fine di decongestionare i capoluoghi di Regione e fungere da cerniera tra la concentrazione delle risorse negli stessi capoluoghi di Regione e la diffusione dei benèfici effetti delle risorse verso l’intero ambito regionale. Un ruolo, in altre parole, di “snodo”, geografico ed infrastrutturale tra i due corridoi Nord-Sud ed Est-Ovest.
Tali riconoscimenti furono il risultato anche del lungo lavoro svolto dai Comuni casertani coinvolti nell’elaborazione del Prusst, la cui cifra identificativa di partenza fu di natura storico-culturale, ossia il riferimento a quel concetto di “città continua”, estesa lungo il tracciato dell’antica via Appia. Un’operazione, quella del Prusst casertano, che fu addirittura definita da Il Sole 24 Ore quale vera ed autentica “operazione di marketing territoriale”, nella quale, ove realizzatasi, sarebbero confluiti interventi tanto di carattere pubblico, per ciò che concerne l’ambito infrastrutturale primario e secondario, quanto di natura privata. Insieme a Federindustria Campania (ed all’allora presidente Gaetano Cola) si lavorò a creare una grande area a Nord di Napoli con funzione di raccordo dell’area industriale di Napoli Nord-Est e dell’area Industriale di Caserta Marcianise e Maddaloni, con delega al Comune di Caserta di centro amministrativo di riferimento. Malauguratamente, improvvisi cambiamenti degli scenari politici ed amministrativi locali e regionali interruppero quel processo.
A distanza di anni, sembra utile ripartire da quelli che ne furono i principi cardine, aggiornando le caratteristiche e i contenuti al fine di attuare una rinnovata strategia, volta alla concretizzazione di un sistema Napoli-Caserta, non più focalizzato esclusivamente sulla congiunzione delle rispettive aree industriali, ma sull’assunzione di un ruolo centrale nell’area euro-mediterranea, ospitando, ad esempio, sedi di rappresentanza dei paesi ricompresi in quest’area geografica, anche appartenenti all’area araba. Un sistema Napoli-Caserta, crocevia fisico e funzionale del Mezzogiorno d’Italia, congegnato sull’innesto tra la conurbazione casertana ed il tessuto dell’area metropolitana di Napoli, potrà essere in grado di fornire, mai come ora, ossia in un momento paragonabile economicamente a quello del secondo dopoguerra, un efficace ed autorevole contributo all’azione governativa centrale rispetto alle definizione degli indirizzi di intervento e della conseguente destinazione delle risorse del Recovery Fund verso il Meridione.
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