La vicenda delle nomine dei nuovi vertici di alcune delle società pubbliche più importanti del Paese è entrata nel vivo. Come si era capito da alcuni segnali inconfondibili, le prime scelte del premier Draghi – condivise solo con alcuni degli uomini a lui più vicini – sono state ispirate alla “discontinuità”. Se ciò rappresenti un “metodo” è un po’ presto per dirlo. Che ciò rappresenti un atto di sfida ai partiti che sostengono il suo governo, sembra assolutamente certo.
Le scelte per il nuovo consiglio di amministrazione di Ferrovie, alla cui guida sono stati collocati due rappresentanti di quel mondo di manager a vocazione pubblica così graditi ai vertici del Mef, confermano la volontà di ridimensionare drasticamente il ruolo della politica, così predominante nella conduzione dell’azienda negli ultimi venti anni. Dalla lunga gestione Moretti alle promozioni degli uomini vicini a Renzi, fino ad arrivare ai vertici indicati da Toninelli e Conte.
Funzioneranno meglio ora le nostre ferrovie? Vedremo presto come andranno le cose e se la “discontinuità” si coglierà anche nella gestione di una delle infrastrutture più importanti del Paese. Sapendo che ai nuovi vertici è data una opportunità unica, dovendo spendere presto e bene oltre 40 miliardi di euro provenienti dal Recovery Fund.
Stesso discorso sembra essere stato fatto per i nuovi vertici di Cassa depositi e prestiti. Nonostante i positivi risultati di gestione, l’amministratore uscente Fabrizio Palermo è stato sostituito dopo solo un mandato dal più navigato Dario Scannapieco. Nulla di particolarmente insolito, visto che Palermo aveva, grazie al sostegno dei 5 Stelle all’epoca della sua nomina, scavalcato in dirittura d’arrivo proprio Scannapieco. Oggi sembra che si ristabiliscano solo i vecchi equilibri.
Sulla Rai il governo è atteso alla prova più difficile. La scadenza è slittata al 14 giugno, all’indomani della data di presentazione (prevista per il 9 giugno) dei nuovi palinsesti. Anche in questo caso sono confermate le voci che vedono Draghi e i suoi collaboratori del Tesoro puntare su Alessandra Perrazzelli, vicedirettore di Banca d’Italia, donna competente e di ottime relazioni, ma totalmente estranea al mondo della televisione e della produzione culturale.
Piccola parentesi sul ruolo davvero irrilevante ricoperto dalle società di cercatori di teste mobilitate – come è stato sbandierato ai quattro venti – per comporre le liste dei “migliori”. Oltre a farsi tanta pubblicità però sembra che il lavoro degli head hunter – Key2people e Egon Zehnder in testa – non solo sia stato valutato insoddisfacente ma sia stato davvero molto criticato dal governo, a causa delle continue fughe di notizie. C’è chi addirittura parla di revoca degli incarichi avvenuta qualche giorno fa e a muso duro.
Volendo essere pignoli, se ci dobbiamo attenere ai curriculum dei prescelti e dedurre così le missioni ad essi affidate, dovremmo pensare che le attese dell’azionista-Stato non riguardano i contenuti di cui queste aziende si occupano, il prodotto o – come in alcuni casi è più corretto dire – i servizi offerti ai cittadini, ma solo i soldi, come devono essere spesi e come tenere in ordine i conti di queste aziende.
Colpisce infine il silenzio dei partiti. Tutti, nessuno escluso, di ogni ordine e grado. Non solo non sono stati coinvolti nella scelta dei candidati ai vertici ma non hanno messo becco neanche nella scelta dei membri dei consigli. Nessuno di essi oggi se la sente di criticare Draghi e poi sarebbe un grossolano errore farlo su questioni di potere come le nomine. Ma come si sa, la politica funziona come le pentole a pressione, impiegano un po’ di tempo a riscaldarsi ma alla fine scoppiano se nessuno provvede a far uscire un po’ di vapore.
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