Uno scontro all’ultima tassa tra Comune di Roma e istituti del Vaticano, con la Cassazione che dà ragione al primo costringendo i secondi al pagamento della Tari, la tassa comunale sui rifiuti: la vicenda arriva dal Campidoglio con i 71mila euro di Tari non pagata nel 2012 dal Pontificio Istituto Biblico che si erano trasformati, su input di Ama (l’ azienda dei rifiuti del Comune di Roma) in una bella cartella esattoriale.
A quel punto l’Agenzia delle Entrate aveva provveduto contro l’istituto della Chiesa con il normale iter dei cittadini “morosi”, trovando l’opposizione dell’Università del Vaticano che invece si diceva certa dell’errore che la Tar non dovesse essere pagata. In effetti l’ articolo 16 del Trattato Lateranensi esenta il patrimonio immobiliare Vaticano da tasse e tributi dovuti allo Stato: ma la Cassazione ha deciso di invertire la sentenza e ha stabilito che il Pontificio Istituto Biblico deve pagare tutti i 71mila euro e, non solo, versare anche successivo 1 milione e 200mila euro all’Ama per tutti gli anni successivi fino ad oggi.
LO SCONTRO TRA CHIESA E STATO A ROMA
Come riporta il Messaggero, il medesimo principio andrà adottato anche per tutte le altre istituzioni vaticane: «la Tari», scrivono i giudici della Commissione Tributaria di Roma, «è il corrispettivo per un servizio, ossia quello della raccolta dei rifiuti, e non un tributo, per cui l’ Istituto pontificio non era esente dal pagamento». Il ricorso venne poi vinto dal Vaticano nel 2018 salvo poi arrivare in Cassazione pochi giorni e venire nuovamente ribaltato: «L’ edificio in questione non è un edificio destinato al culto» e dunque come tale non può eludere il pagamento della tassa sui rifiuti. In conclusione, sostegno i giudici, «Non è sufficiente ai fini dell’esenzione dalla tassa dei rifiuti la condizione soggettiva considerata nella richiamata (e sotto questo profilo inattuata) norma del Trattato lateranense».