Il 2 giugno il canale televisivo Classica HD (canale 136 su Sky) ha preso un’iniziativa importante: presentare in prima mondiale, in occasione della Festa della Repubblica, un’opera commissionata dal Teatro Massimo Bellini di Catania per rendere omaggio a Rosario Livatino (ricordato da alcuni come “il giudice ragazzino”) in occasione della sua beatificazione. L’opera, caratterizzata da un forte contenuto politico oltre che religioso, ha avuto, sino ad ora, un’unica esecuzione, al Massimo Bellini, il 9 maggio, il giorno in cui nella cattedrale di Agrigento, Livatino veniva proclamato beato. Il 9 maggio vigevano ancora le restrizioni anti-Covid; l’opera, quindi, venne presentata senza pubblico. Il successo della produzione è stato notevole tanto che Classica HD ha programmato repliche il 5, 8, 11, 13, 21, 24 giugno, a varie ore della giornata. L’opera verrà presentata anche su Tvsat2000.
Il lavoro è intitolata Sub tutela Dei. Per il giudice Livatino. E’ un dramma lirico in un atto musicato dal compositore Matteo Musumeci su libretto di Vincenzo Vitale, giurista e scrittore. Il cast vocale annovera il tenore Ayon Rivas, il mezzosoprano Anastasia Boldyreva, il baritono Franco Vassallo e il soprano Francesca Dotto. Voce recitante: Massimo Popolizio. L’orchestra del Teatro Massimo Bellini è diretta da Gianluigi Dettori.
Prima di parlare dell’opera è utile ricordare chi è stato Rosario Livatino. Nato a Canicattì nel 1952, entrò in magistratura e nel 1979 diventò sostituto procuratore presso il tribunale di Agrigento e ricoprì la carica fino al 1989, quando assunse il ruolo di giudice a latere. Come sostituto procuratore si occupò fin dagli anni ottanta di indagare non soltanto su fatti di criminalità mafiosa ma anche di tangenti e corruzione. Nel 1982 aprì un’indagine sulle cooperative giovanili di Porto Empedocle, in particolare sui criteri con cui erano finanziate dalla Regione Siciliana. Inoltre, in base ad una sua intuizione, la Procura di Agrigento aprì un’inchiesta su un giro di fatture false o gonfiate per circa 52 miliardi di lire che gli imprenditori catanesi Carmelo Costanzo, Mario Rendo, Gaetano Graci ed altri ottenevano in tutta la Sicilia dalle ditte subappaltatrici per opere mai eseguite o appena cominciate. Nello stesso periodo, Livatino si occupò della prima grande indagine sulla mafia agrigentina insieme ai suoi colleghi, i sostituti procuratori Salvatore Cardinale e Roberto Saieva e il giudice istruttore Fabio Salamone coordinati dal procuratore capo Elio Spallita; la premessa per il maxi-processo contro i mafiosi di Agrigento, Canicattì, Campobello, Licata, Porto Empedocle, Siculiana e Ribera. Nella sua attività, quindi, si è occupato di quella che sarebbe esplosa come la Tangentopoli siciliana, utilizzando tra i primi lo strumento della confisca dei beni ai mafiosi. Era diventato un pericolo per le cosche di Agrigento. E non solo.
E’ stato assassinato mentre, solo, senza scorta, la mattina del 21 settembre del 1990 andava in tribunale. Viene considerato dalla Chiesa un martire trucidato da killer stiddari che lo rincorsero mentre tentava di fuggire lungo una scarpata e non ebbero pietà di lui. “Picciotti, che vi ho fatto?”, avrebbe detto ai suoi assassini prima di cadere a terra. Una sorte che aveva accettato da tempo come prezzo da pagare per la vita che aveva scelto. Quasi tre anni dopo, il Papa Giovanni Paolo II, in visita ai Vescovi siciliani, proprio da Agrigento, non seguendo un testo scritto dai suoi collaboratori, lanciò un’invettiva contro le mafie gridando ai mafiosi “Convertitevi!!”
Nella vita di Livatino ritorna il motto “S.T.D.” che ordinariamente s’intende come Sub Tutela Dei e che il nostro beato inseriva, magari sovrastato dal segno della Croce, nel suo diario. I giusti, scriveva un autore del XII secolo, si collocano sotto la Croce, si pongono, cioè, sub tutela divinae protectionis e così si saziano dei frutti dell’albero della vita. È quanto è accaduto al giudice Livatino, il quale è morto perdonando come Gesù ai suoi uccisori.
L’opera è un dramma musicale in atto che contrappone due differenti figure di magistrato; uno dei due mostra empatia per l’accusato, cerca di comprenderne le ragioni e da avere da lui informazioni sul mondo da cui proviene (anche al fine di migliorare la qualità dell’indagine). Il librettista Marcello Vitale è un magistrato di professione. Matteo Musumeci è un compositore, attivo soprattutto nel teatro musicale e nella sinfonica.
La partitura è diatonica ma non la classificherei “neo romantica” come quelle di Marco Betta. Ricorda piuttosto il verismo di Umberto Giordano: orchestra nutrita con forti accenti al clima ed ai colori, un intermezzo sinfonico tra le due parti dell’atto, declamati accompagnati che sfociano in ariosi ed in un paio di duetti. Un’opera che merita di essere ripresa in forma scenica accompagnata da un altro lavoro o contemporaneo o verista. Di grande livello il cast vocale che, pur in una edizione in forma di concerto, entrava perfettamente nei personaggio.
E’ da congratulare il Massimo Bellini di Catania perché sono rarissimi i teatri che commissionano opere.
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