Mentre dal fronte della pandemia fioccano buone notizie, un amaro risveglio arriva dai conti dell’economia. Fitch, l’agenzia di rating particolarmente autorevole sui debiti sovrani, ha assegnato all’Italia il solito punteggio BBB– con outlook “stabile”. Una conferma, certo, e chi pensa che poteva andar peggio si consola. Il debito pubblico arriva al 160% del prodotto lordo con un balzo di oltre trenta punti e il deficit sfiora il 10%.
È vero che buona parte del debito emesso, soprattutto il nuovo, viene acquistato dalla Banca centrale europea, ed è vero che il debito straordinario, quello che servirà a stimolare la crescita è garantito dall’Unione Europea (anzi una parte è debito comune, per la prima volta). Tuttavia, il fardello pesa sulle banche e sulle imprese che vanno sul mercato e si presentano con un pessimo biglietto da visita, perché BBB meno è un gradino sopra quello che viene definito livello speculativo, dal quale i risparmiatori è meglio che si tengano lontani.
E non c’è solo il debito, quello vecchio e quello nuovo: c’è una crescita ancora bassa e una produttività insufficiente a consentire un aumento del reddito disponibile. Certo, Fitch sottolinea che quest’anno la crescita sarà anche superiore alle previsioni (4,7% come stima anche l’Ocse), ma l’anno prossimo tornerà al 4,1%, così che non sarà possibile recuperare la caduta del Pil superiore al 9% lo scorso anno, fino al 2023.
La debole crescita e l’esigenza di aumentare la produttività erano state messe in rilievo lunedì scorso dalle Considerazioni finali del governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco e dalle analisi dell’Unione Europea. Per cambiare marcia non bastano gli investimenti, ci vogliono le riforme. Renato Brunetta ha varato le nuove norme per rendere più efficiente e moderna la Pubblica amministrazione, annunciando l’assunzione a tempo 24 mila nuovi impiegati. Si tratta di contratti a termine per super-esperti con esperienze all’esterno, professionisti, dirigenti e vincitori di concorso, ma anche giovani apprendisti. L’obiettivo è essere pronti a monitorare e attuare il piano di ripresa e resilienza già da luglio, quando potrebbe arrivare la prima tranche da 25 miliardi.
È il “terzo pilastro” dopo le regole sulla governance e il decreto semplificazioni. Ma siamo solo all’inizio del percorso. Il via libera alle norme sulle assunzioni arriva dopo non pochi mal di pancia tra i ministri e nella maggioranza: parte del M5s lamenta un decreto poco a misura di giovani e Roberto Cingolani chiede di rafforzare il suo ministero della Transizione ecologica con assunzioni che, dopo la sospensione del Cdm, vengono rinviate a un decreto ad hoc da approvare la prossima settimana.
Difficoltà ancora maggiori, perché più cariche di connotati politici, si prospettano per la riforma della giustizia. La ministra Marta Cartabia ha annunciato le sue linee guida, in termini generali e con una certa enfasi ha sottolineato che occorre ricostruire la fiducia perduta tra popolo e magistratura, ma già è cominciato il tiro incrociato dei “giustizialisti” (la cui bandiera viene issata dal M5s) e dei “garantisti” rappresentanti soprattutto da Forza Italia e dalla Lega, con il Pd in mezzo che rischia di scontentare tutti e diventare un puntaspilli. La giustizia fa la parte del leone anche nelle assunzioni: arrivano 16.500 assunzioni a termine all’ufficio del processo da assumere in 2 scaglioni, 326 per la giustizia amministrative e 5.410 unità di personale amministrativo della giustizia, per coprire le professionalità esterne che servono alla digitalizzazione dei tribunali, come esperti informatici, tecnici di edilizia, analisti di organizzazione. Brunetta dice che tutte le misure sono concordate con l’Ue e questo lo rassicura, ma nei 5 Stelle si levano le voci critiche anche perché il provvedimento “tarpa le ali ai giovani”.
Sta a Draghi ancora una volta tenere insieme questa coalizione tanto contraddittoria. Finora ha dimostrato grande abilità sia nel decidere sia nel mediare, tuttavia non sarebbe male questa volta ascoltare Wolfgang Schäuble, il vecchio falco tedesco che parla da vecchio saggio e invita a non cadere nella pericolosa illusione dello spendi e spandi. In un intervento apparso sul Financial Times, l’ex ministro delle Finanze ora presidente del Bundestag chiama in causa direttamente il capo del governo italiano: “Ho discusso più volte dell’azzardo morale con Mario Draghi. Siamo sempre stati d’accordo che, data la struttura dell’Unione monetaria europea, la competitività e le politiche finanziarie sostenibili sono responsabilità degli stati membri. Sono sicuro che intende sostenere questo principio come presidente del Consiglio italiano. È importante per l’Italia e per l’Ue nel suo insieme. Altrimenti avremo bisogno di un’istituzione europea con poteri per far rispettare le regole concordate congiuntamente. Ciò richiederebbe modifiche al trattato”.
Schäuble invita a tornare alla “normalità monetaria e fiscale. L’onere del debito pubblico deve essere ridotto. Altrimenti, c’è il pericolo che la pandemia di Covid-19 sia seguita da una “pandemia del debito”. Questo significa che “tutti i membri della zona euro devono impegnarsi per tornare a una disciplina di bilancio più rigorosa”. Ciò vuol dire riproporre la vecchia ricetta, l’odiata austerità? Non esattamente, molte cose sono cambiate e non il patto di stabilità andrà modificato prima che torni in vigore nel 2023. Schäuble propone un piano di rimborso del debito: “Ha funzionato e potrebbe funzionare anche oggi. Fornisce una strategia mista di ‘carota e bastone’ come quella perseguita dal Fmi, un’altra eredità di Keynes”.
Quanto sarà succulenta la carota e quanto duro il bastone, dipende, però, dalle politiche dei singoli Paesi. Il Corriere della Sera parla di “sospetti tedeschi sull’Italia”. Non sarebbe la prima volta, ma è un errore non considerare il monito di Schäuble come un richiamo alla realtà e un invito a fare quel che è indispensabile affinché il Pnrr non diventi una gigantesca occasione perduta e il rating dell’Italia salga molto più in alto, ben lontano dalla mefitica palude dei junk bond.
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