Mentre ormai sembra purtroppo quasi scontato l’esito delle ricerche sulla 18enne scomparsa a Novellara (Reggio Emilia) – non ci sono infatti grandi speranze di trovare viva Saman Abbas, la 18enne forse uccisa dai familiari per aver rifiutato il matrimonio combinato in Pakistan – il “caso” di cronaca diviene sempre più motivo di scontro politico e culturale: dopo settimane di silenzio, ora finalmente qualcuno nella galassia della sinistra femminista alza i toni per lamentare il silenzio pressoché assordante avvenuto nelle scorse settimane sul caso della ragazza che si ribella alla famiglia islamista.
Oggi sul “Giornale” Ritanna Armeni, storica giornalista e battagliera per i diritti delle donne negli anni del ’68, fa un “mea culpa” per il clima del femminismo in Italia sul caso della povera Saman: «niente giustifica noi femministe», scriveva qualche giorno fa in un lungo post su Facebook l’ex conduttrice di “Otto e Mezzo” con Giuliano Ferrara. Nell’intervista odierna la stessa Ritanna sottolinea la mancanza di “dramma” che è emersa nella narrazione della storia di Saman fino ad oggi: «incolpo anche me stessa e lo dico con grande umiltà. Sento ancora il rimorso di non aver detto nulla» ammette Armeni dando un nome specifico a questo “silenzio” del mondo femminista. «È razzismo. Un sottile razzismo è scattato in me come in molte di noi», confessa la giornalista.
“SAMAN LASCIATA SOLA DALL’OCCIDENTE CHE SOGNAVA”
Un fattore di razzismo inconscio, di certo, ma pur sempre presente e strisciante: «io non sono razzista eppure esistono dei condizionamenti sociali che entrano in gioco quando meno ce lo aspettiamo». Ritanna Armeni parla soprattutto del fatto che alcuni casi di cronaca, alcuni drammi, alcune esperienze anche grafiche è come se non riguardassero il proprio sé, la propria vita e questo riguarda soprattutto nei casi di persone e drammi “non italiani” «come se avesse a che fare solo con il modo di vivere di questa famiglia di immigrati». Se, tradotto, fosse stata italiana Saman Abbas forse questo silenzio non ci sarebbe stato: «anzi, avremmo parlato di femminicidio. Con lei no. Come se per lei la parola non dovessero essere scomodata. Terribile». Armeni rivendica il ruolo fondamentale del femminismo in Italia per cambiare la cultura specie negli abusi e reati contro le donne, anche solo con l’utilizzo di una parole specifica come “femmincidio”: eppure con Saman non è successo nulla di tutto questo, «lei voleva quella libertà che il nostro mondo occidentale le aveva mostrato e offerto. Poi l’abbiamo lasciata sola». La colpa è ben più allargata secondo Ritanna Armeni, è come infatti se le femministe si siano rinchiuse «nella difesa delle nostro libertà», perdendo così di vista la realtà circostante, «se le femministe non riescono a vedere uno stretto collegamento tra la battaglia per i loro diritti e la morte di una ragazza che voleva difendere la sua libertà, allora abbiamo perso qualcosa di fondamentale per strada».