A fine settembre circa l’80% degli italiani avrà ricevuto la doppia dose di vaccino anti-Covid e per questo dovrebbe essere superata in quel momento la grave emergenza sanitaria dovuta alla pandemia: ad affermarlo il commissario all’emergenza Francesco Paolo Figliuolo che fissa anche i prossimi step organizzativi (stop maxi hub vaccinali, più vaccini presso le farmacie e i medici di base). Restano però diverse domande, a cominciare dalla possibilità della “terza dose” avanzata anche dallo stesso generale degli Alpini e dal direttore dell’Aifa Nicola Magrini: «Per continuare a proteggersi dal Sars-Cov-2 servirà una terza inoculazione, ma non prima del prossimo anno», ha spiegato ieri Figliuolo intervenendo alla Commissione Bilancio, Tesoro e Programmazione della Camera dei Deputati.
Pure il sottosegretario alla Salute Andrea Costa dà come certa la terza dose anti-Covid, ma dall’EMA e dalle authority internazionali è ancora ben poco comune la linea sul tema: l’immunità dovrebbe durare attorno ai 12 mesi (dopo l’ultima dose), finiti i quali potrebbe esser bisogno un “richiamo” o meglio una nuova dose immunizzante (se il Covid divenisse da pandemico ad endemico, come l’influenza). Fino ad ora comunque la scienza non ha una risposta univoca sulla durata dell’immunità: «In tutto il mondo si stanno seguendo nel tempo le risposte immunitarie e il livello di protezione indotti dai vaccini: l’ipotesi prevalente è che dei richiami saranno necessari, ma non è chiaro come e quando andranno effettuati», si legge nelle “FAQ” prodotte dal Corriere della Sera sul tema dei vaccini.
VACCINO & TERZA DOSE, LE NOVITÀ
Il monitoraggio sui primi vaccinati è tutt’ora in corso e al momento le coperture sui 8-9 mesi ancora proteggono dall’infezione: se poi si dovesse fare uso della terza dose, i richiami potranno essere di due tipi.
– omologhi: «si farà quando dovesse affievolirsi la risposta immunitaria al punto da esporre alla re-infezione contro le stesse varianti che circolano oggi»;
– eterologhi: «verrebbe fatto contro nuove possibili varianti del SARS-CoV-2 che non venissero più neutralizzate efficacemente dagli attuali vaccini».
Altro tema importante è la differenza dei vari vaccini fin qui somministrati per quanto riguarda immunità e terza dose: non è detto che tutti i sieri abbiano la medesima risposta dei corrispettivi, con farmaci a RNA messaggero (Pfizer e Moderna) e “vettore virale” (AstraZeneca e Johnson & Johnson) che potrebbero dunque avere tempi sulla terra dose anche molto diversi tra loro. Armando Genazzani, membro italiano del Chmp – il comitato dell’Ema per l’autorizzazione dei medicinali – è stato raggiunto dal Messaggero e spiega come non è affatto detto che tutti i vaccini garantiranno la medesima copertura: «Se poi scopriamo che un determinato farmaco copre per un tempo minore rispetto ad un altro, i tempi della terza dose dovranno essere quindi diversi. Non dimentichiamo, poi, che dei 4 vaccini, ne abbiamo uno, il Janssen della Johnson&Johnson, che è monodose. E quindi, tenendo conto della possibile durata della immunità, potrebbe essere il primo tra quelli da rifare». Una delle ipotesi è che per rifare il piano vaccinale nei prossimi mesi si possa tenere conto solo dei vaccini “migliori” adeguando così tutti i cittadini nelle somministrazioni della terza dose con i medesimi sieri.