Gelsomina Verde era una ragazza che aveva voglia di vivere liberamente pur essendo cresciuta in un quartiere difficile. “Lei è stata uccisa e torturata. La cosa che mi fa più male è vedere i benefici che vengono concessi all’esecutore materiale dell’omicidio di mia sorella”, racconta Francesco che nel ricordo della sorella ha trovato la forza per rialzarsi e portare a casa i successi. “Vengo da un quartiere difficile e in tutto ciò che faccio penso a lei”, racconta Francesco che è riuscito a trovare un posto nel mondo dello spettacolo. “Ho un figlio di dieci anni che ogni volta che mi vede in televisione pensa che io litighi seriamente con gli altri perché mi assegnano sempre personaggi cattivi. Una volta l’ho portato sul set per fargli capire che era finzione”, racconta Francesco che porta avanti la storia della sorella (aggiornamento di Stella Dibenedetto).
La storia di Gelsomina Verde
Rapisce e massacra di botte Gelsomina Verde, poi la uccide a colpi di pistola alla nuca, lei all’epoca ha 21 anni e la sua unica colpa è avere un amico nonché ex fidanzato coinvolto in una faida di camorra. Questa è la storia della giovane morta nel 2004 e che con la sua storia è al centro del film di Massimiliano Pacifico che è uscito lo scorso aprile. Il fratello Francesco sarà a Oggi è un altro giorno nel pomeriggio e sarà allora che avrà modo di parlare e raccontare la storia della ventiduenne di Scampia che è stata torturata per ore prima di essere uccisa. Attiva nel volontariato, solare e sempre pronta a dare una mano e, soprattutto, estranea agli ambienti criminali, Gelsomina detta Mina venne uccisa con un colpo di pistola e il suo corpo venne dato alle fiamme nella sua auto solo per aver frequentato, per un periodo un ragazzo, Gennaro Notturno, parte del clan degli scissionisti di Secondigliano.
Gelsomina Verde, sorella Francesco, chi è e cosa le è successo?
Proprio il fratello Francesco Verde è una presenza forte del film di Pacifico, la stessa che in un episodio anche Roberto Saviano ha portato sullo schermo in Gomorra: “Non è stato facile rifare mia una storia che avevo cercato di tenere lontana e interpretare me stesso”. A quel punto si è deciso di scegliere un luogo asettico, Polverigi, per piazzarsi lontano dalla periferia di Napoli. La sua gente le ha voltato le spalle, nonostante quello che è successo. I genitori della ragazza sono stati gli unici a costituirsi parte civile nel procedimento penale che si è concluso il 4 aprile 2006 con la condanna all’ergastolo per Ugo De Lucia.