Fin quando Draghi non scoprirà le carte che intende giocare per i nuovi vertici Rai, tutto resterà in una situazione di stallo imbarazzante. Il rinvio al 12 luglio della data di convocazione dell’assemblea chiamata a recepire le indicazioni per i nuovi vertici aziendali non ha certo contribuito ad abbassare la tensione. Ma ha creato quella situazione alquanto spiacevole in cui i tanti candidati venuti allo scoperto troppo presto rischiano di essere bruciati per l’eccessiva esposizione.
Non si era mai visto, come in questo caso, circolare senza alcun filtro i nomi selezionati dalle società di ricerca. A dire il vero liste di semi-sconosciuti, che così ottengono il loro giorno di popolarità. Egon Zehnder ad esempio ha lasciato circolare nei giorni scorsi i nomi di Andrea Castellari e di Marinella Soldi di Discovery, Laura Cioli di Gedi, Monica Mondardini amministratore delegato di Cir e presidente di Sogefi. Che poi smentiscono.
Le stesse forze politiche sono bloccate nella scelta dei 4 nomi destinati al consiglio di amministrazione. Non risultano ancora fissate le sedute di Camera e Senato per eleggerli. Il centrodestra si è nuovamente diviso al suo interno di fronte alla richiesta di Forza Italia di poter esprimere un proprio nome. Sembra che il partito di Berlusconi abbia intenzione di giocare la carta di un giovane tecnico con forti competenze nel campo del digitale. Ma i posti a loro disposizione sono due e le richieste restano tre.
Anche nel centrosinistra la situazione è ferma ai blocchi di partenza. L’unica cosa certa è la sostituzione della Borioni da parte del Pd. Contro la sua rimozione (appartiene alla corrente degli ex renziani) è da registrare una dichiarazione dell’on. Anzaldi, noto prezzemolino sui temi Rai, ora passato con Italia viva, che ha usato parole minacciose nei confronti dei vertici del suo ex partito.
Per Anzaldi intanto “la votazione dei dipendenti Rai che ha confermato il consigliere uscente Laganà, che in questi anni non si è distinto per particolare impegno nel contrastare l’occupazione gialloverde e la lottizzazione selvaggia, dà il via al tentativo di riconfermare gran parte dei vertici che hanno portato in questi anni la Rai al suo punto più basso”. E poi aggiunge che ciò accade “mentre l’unica consigliera uscente che in questi anni ha provato con coraggio a ribellarsi al sistema di lottizzazione gialloverde verrà mandata via. A quanto si legge, infatti, Rita Borioni non verrà riconfermata dal Pd”. Va aggiunto solo che la Borioni ha già fatto due mandati e non può essere riconfermata neanche se il Pd lo volesse.
Per quanto riguarda le posizioni di vertice, ad oggi, volendo dare ascolto al “borsino” delle candidature, sembra prevalere l’accoppiata Agnes-Agrusti. Considerate le relazioni politiche di entrambi i candidati si tratterebbe di una nuova sonora sconfitta del centrosinistra, e una ulteriore prova del lavoro silenzioso di Draghi per rimuovere – uno ad uno – i vertici espressi dalla precedente maggioranza giallorossa.
Negli ultimi giorni sono infatti cresciute le quotazioni di Raffaele Agrusti. Oltre ad essere stato manager di Generali, è stato presidente di Mps Capital Service. È un candidato gradito anche da una parte dell’azienda perché è stato già in Rai come Chief financial officer (Cfo) di Antonio Campo Dall’Orto e presidente di Rai Way. La nomina di Agrusti ad amministrazione delegato della Rai segnerebbe una nuova vittoria di Giorgetti, il potente ministro della Lega, che, sottobanco, sostiene da tempo Agrusti su richiesta della componente leghista del nord-est (l’area del paese dove Giorgetti prevale nettamente su Salvini, grazie al sostegno di Zaia e di Fedriga).
C’è però un ostacolo non da poco sul percorso di Agrusti. Quando egli è stato Cfo in Generali durante la gestione Perissinotto, ha subìto – come ricorda ancora il sito di Repubblica – una pesante richiesta di azione di responsabilità da parte del nuovo vertice per aver distribuito finanziamenti in perdita a piccoli imprenditori. Ai magistrati che hanno iniziato ad indagare sulla denuncia dell’azienda, il nuovo Ad Greco avrebbe dichiarato di “non aver trovavano i documenti” relativi alla vicenda.
Ultima novità in ordine di tempo è l’indiscrezione apparsa ieri su Il Tempo. Luigi Bisignani, persona sempre bene informata sui fatti, e non solo della Rai, ha trovato l’occasione alla fine di un lungo articolo dedicato ai guai finanziari di Cairo conseguenza dell’arbitrato milionario perso con il fondo Blackstone, di segnalare che il ritardo nella nomina di Bernabè a commissario dell’Ilva di Taranto sarebbe in qualche modo collegato alla segreta volontà di Draghi – amico di lunga data dell’ex manager di Eni e Telecom – di vederlo impegnato nella più sicura e gratificante casella di amministratore della Rai.
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