Stati Uniti e Unione europea sospenderanno per 5 anni i reciproci dazi legati alla controversia sugli aiuti pubblici a Boeing e Airbus che dura da 17 anni per la quale si cercherà un accordo definitivo. Questo è certamente uno dei risultati più tangibili del vertice Ue-Usa che si è svolto ieri a Bruxelles, con la partecipazione di Joe Biden, Ursula von der Leyen e Charles Michel.
Come evidenzia Francesco Forte, ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie, «oggi c’è sicuramente più spazio per proficui rapporti commerciali tra le due sponde dell’Atlantico che non ai tempi di Trump. La liberalizzazione degli scambi va benissimo all’Italia, che nel commercio con gli Stati Uniti è collocata in una situazione preferenziale. Io penso occorrano dei dazi sui prodotti cinesi, non tanto per limitare la concorrenza verso i nostri, quanto per costringere Pechino a comportarsi meglio e anche per far riflettere maggiormente i consumatori circa l’origine e la qualità dei prodotti made in China».
A proposito di Cina, è chiaro che Biden vorrebbe un’Europa più schierata contro Pechino e anche più attenta nei rapporti con la Russia. Può riuscire a ottenere questo risultato?
L’Ue in quanto tale ha difficoltà a esprimere una linea comune di politica estera, perché ci sono alcuni Paesi che hanno una linea piuttosto ambigua.
Per esempio?
La Germania ha una relazione con la Russia tramite i gasdotti che la rende dipendente da Mosca per la fornitura di questa importante materia prima. Una dipendenza che altri Paesi come l’Italia non hanno perché i loro approvvigionamenti sono maggiormente diversificati. È poi nota l’avversione francese alla Nato. C’è quindi un problema di ambiguità relativo ai due Paesi guida dell’Ue.
Non c’è anche un’ambiguità da parte dell’Italia?
Sì, assolutamente. Non tanto per i rapporti più o meno espliciti tra alcuni esponenti politici e la Russia e la Cina, quanto per la firma del memorandum sulla Nuova Via della seta. Dunque, considerando anche che ora non c’è più il Regno Unito, l’Ue è piuttosto ondivaga sul fronte dei rapporti internazionali e ha anche un problema di non poco conto.
Quale?
La presenza di “paradisi fiscali” dove hanno sede società cinesi che detengono partecipazioni in aziende europee importanti. Si tratta degli stessi paradisi fiscali di cui si servono le multinazionali che poi si cerca di tassare con accordi internazionali. L’Europa, quindi, non è affidabile al 100% per gli Stati Uniti, che guardano ora con più interesse all’Italia.
Per quale ragione?
Da quando c’è stato il raddoppio del Canale di Suez, l’Italia è diventata estremamente strategica per gli Stati Uniti: con l’espansione cinese in Africa e la non totale affidabilità della Turchia, che pure è membro della Nato, Washington rischia di trovarsi priva di controllo sul Mediterraneo. Anche per questo per Biden è essenziale cercare un rapporto molto positivo con l’Italia, anche perché in Draghi può trovare un leader europeo che può influenzare le scelte degli altri Paesi dell’Ue.
Draghi deve prima però occuparsi di far venir meno le ambiguità italiane…
Di certo non è d’aiuto avere come ministro degli Esteri Di Maio, viste le vicinanze tra M5s e la Cina. Nel Pd servirebbe un po’ di chiarezza su questo tema, dato anche l’avvicinamento dei dem ai pentastellati. Draghi attualmente può quindi cercare di siglare accordi con gli Stati Uniti che soddisfino un po’ tutti i partiti della sua maggioranza. Se vorrà essere più autorevole agli occhi di Washington, il Premier dovrà appoggiarsi più sul centrodestra.
Tra poche ore Biden incontrerà Putin. Cosa si aspetta?
Francamente mi risulta poco comprensibile la linea del Presidente Usa verso Mosca. Forse è dettata da ragioni di rivalità petrolifere o di altro genere, altrimenti non sarebbe logica: se uno ha per nemico i cinesi e i russi sono nemici dei cinesi, deve valere il detto “Il nemico del mio nemico è mio amico”. Avere Putin contro la Cina è importantissimo per Biden. Dovrebbe quindi agire di conseguenza.
(Lorenzo Torrisi)
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