“L’emergenza sanitaria a luglio non sarà finita”: in base a questa convinzione, secondo alcune voci di Palazzo Chigi raccolte da organi di stampa, il presidente del Consiglio, Mario Draghi, sarebbe propenso a procrastinare lo stato d’emergenza oltre la sua scadenza del 31 luglio 2021, allungandolo fino a fine anno. Una scelta dettata da tre sfide da vincere: portare a termine la campagna vaccinale, affrontare la variante Delta molto contagiosa e garantire “una ripartenza ordinata e sicura a settembre-ottobre”.
Ma ha ancora senso oggi mantenere lo stato d’eccezione? Perché Draghi sta pensando di non privarsi dei poteri straordinari? Non è arrivato il momento di affrontare la pandemia con strumenti legislativi ordinari? “Sì, si possono trovare forme di regolazione diverse – risponde Edoardo Raffiotta, professore associato di Diritto costituzionale presso il dipartimento di Scienze giuridiche dell’Università di Bologna – ma ritengo che in questo stato d’emergenza, al di là del termine evocativo e del messaggio che può mandare, non vedo alcun vulnus alla Costituzione, nulla di sconvolgente, perché il governo può sempre adottare un decreto legge là dove necessario”.
Il premier Draghi è orientato a prorogare lo stato di emergenza in scadenza il prossimo 31 luglio, perché “l’emergenza sanitaria a luglio non sarà finita”. Ma oggi ha ancora senso considerare la pandemia come una guerra? A che cosa e a chi serve?
Dal punto di vista giuridico, è il Codice della protezione civile, il decreto legislativo 1/2018, che in caso di eventi seri che interessano parti più o meno vaste del territorio nazionale autorizza il governo a dichiarare con una delibera lo stato di emergenza. E’ una sorta di jolly che consente al presidente del Consiglio o al direttore del Dipartimento della Protezione civile o a un commissario ad acta di risolvere le emergenze attraverso atti amministrativi in deroga alla legge ordinaria e toccando magari anche diritti costituzionali.
Questo è ciò che abbiamo visto nella prima fase della pandemia, soprattutto tra gennaio e maggio-giugno 2020, e poi con successive estensioni…
E’ vero. Infatti in quel momento non sapevamo che malattia fosse il Covid, se il virus fosse mortale o poco più che un’influenza, se si dovesse limitare o no il contatto sociale e in che termini… C’era la necessità di varare provvedimenti agili, in maniera repentina, come i Dpcm, atti sostanzialmente amministrativi che derogano dall’ordinamento ordinario e che incidono sui diritti costituzionali, ma che vanno emanati perché non ci sono i tempi tecnici per un decreto legge. Anche la Corte costituzionale, da ultimo con la sentenza 37/2021, ha giustificato questo tipo di interventi del governo, che in quel contesto di gravissima incertezza e gravità non costituivano un abuso, ma uno strumento necessario per gestire l’emergenza.
Ma oggi non siamo nella stessa situazione, non crede?
Non lo siamo assolutamente. Conosciamo ormai il fenomeno, anche se resta un fronte d’incertezza legato alle varianti, e la situazione è abbastanza stabilizzata. Probabilmente si potrebbero utilizzare altri strumenti giuridici in luogo del Codice della protezione civile.
A quali strumenti fa riferimento?
Sono quelli che già il governo Draghi sta utilizzando: i decreti legge. Oggi le misure emergenziali sono molto diverse rispetto alle restrizioni che abbiamo avuto un anno fa e il governo ricorre ai decreti legge perché ha il tempo per farlo, perché sa qual è la situazione e quali sono le misure da adottare. Se adotta decreti legge, tutto sommato non avrebbe bisogno di quel “lasciapassare” che è appunto la dichiarazione dello stato d’emergenza.
Perché allora il presidente del Consiglio, che sta dimostrando grande equilibrio e molto giudizio, ha in testa questa proroga? In una situazione di pandemia sotto controllo e di campagna vaccinale che pur tra qualche intoppo procede a buon ritmo, che decisioni “eccezionali” potrebbe essere chiamato ad assumere il governo?
La risposta è molto semplice, per due ragioni. La prima: in tal modo Draghi può mantenere l’architrave su cui poggia il sistema emergenziale istituzionale che è stato creato, a partire dal Commissario straordinario e dal Comitato tecnico scientifico. Le loro ordinanze infatti poggiano proprio sullo stato d’emergenza.
E se cessasse lo stato d’eccezione, non si potrebbe trovare un’altra strada normativa per prolungarne l’attività?
Si potrebbe attraverso un decreto legge ad hoc rilegittimare o mantenere questa struttura emergenziale. Ma con la proroga si semplificano le cose, diventa tutto più lineare. E qui c’è la seconda ragione che spinge il governo a estendere la dichiarazione dello stato d’emergenza.
Quale sarebbe?
Non è al momento dato di sapere se ad agosto, a settembre e soprattutto a ottobre e novembre non ci sarà un’altra impennata della pandemia, e allora il governo avrebbe già pronti gli strumenti adatti per affrontarla con atti amministrativi dettati dall’urgenza.
Per prorogare lo stato d’emergenza basta un decreto del Governo? Non sarebbe auspicabile anche un passaggio parlamentare?
Il testo del Codice di protezione civile con riferimento allo stato d’emergenza e alle sue estensioni è stato già derogato, in varie occasioni e anche quando non necessario, attraverso decreti legge ad hoc, così da far intervenire il Parlamento, che deve convertirlo in legge, in una decisione che altrimenti, solo in applicazione di quel Codice, sarebbe stata esclusivamente del governo.
Ma con l’ampio fronte degli aperturisti, contrari al prolungamento dello stato d’eccezione, il governo potrebbe essere bloccato dalla sua stessa maggioranza?
La domanda tocca un passaggio fondamentale, che va chiarito. Lo stato di emergenza non c’entra nulla con le riaperture o le chiusure. Non si è chiusi perché c’è lo stato di emergenza, siamo chiusi se i dati epidemiologici e le valutazioni degli scienziati trasmessi al governo portano alla scelta politica di chiudere. Infatti, anche nel caso lo stato d’eccezione non venisse rinnovato e qualora l’emergenza diventasse nuovamente palese e grave, si potrebbe adottare un decreto legge per reintrodurre lo stato d’emergenza o per ristabilire delle restrizioni. Tutto questo per dire che, a mio avviso, non c’è alcun problema politico e nessun timore di bocciatura della proposta Draghi. Non rischiamo certo una crisi di governo.
Lo stato di emergenza viene prolungato perché così il governo può riservarsi la possibilità di adottare provvedimenti urgenti sulla campagna di immunizzazione, arrivando magari all’obbligo di vaccinazione?
E’ un’ipotesi che non sta assolutamente in piedi. L’obbligo vaccinale deve essere previsto con fonte primaria e quindi con una legge discussa dal Parlamento, non con una misura amministrativa in deroga.
Non è possibile, dopo un anno e mezzo e ben 5 proroghe, affrontare la pandemia con strumenti ordinari?
Senz’altro sì, si possono trovare diverse forme di regolazione. Ma ritengo che in questo stato d’emergenza, al di là del termine evocativo e del messaggio che può mandare, non vedo nulla di sconvolgente, perché il governo può sempre adottare un decreto legge là dove necessario.
Non intravvede alcun vulnus alla Costituzione?
Da giurista posso dire che non c’è alcun vulnus: nel quadro della Costituzione, in caso di emergenza, per proteggere lo Stato e i suoi cittadini il governo deve avere dei poteri emergenziali, previsti da una disciplina legislativa pienamente operante da più di 30 anni.
(Marco Biscella)