Caro direttore,
i periodi di “crisi” – etimologicamente – “setacciano”, chiariscono. Se non offrono immediatamente risposte nette, certamente aiutano a porre le domande in modo più corretto. Semplificano ai loro “basic” le questioni di dibattito pubblico.
Il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha dato pubblicità, mercoledì, al fatto di aver ricevuto la prima dose di vaccino anti-Covid. Perché solo ora? Perché da un medico di famiglia? Perché ha voluto aggiungere il suo caso personale al suo caso politico-istituzionale evidente da tempo, in una fase già terribilmente complicata nella gestione comunicativa della campagna vaccinale? Al di là della generica motivazione sul timing (il 42enne esponente di Leu avrebbe “atteso il suo turno”) Speranza non ha chiarito perché non si è messo in fila presso un hotspot della rete gestita dal commissario straordinario e dalle Regioni: come hanno fatto sia il Presidente della Repubblica sia il premier. Come hanno fatto milioni di italiani: tutti quelli che – fortunatamente in maggioranza – hanno deciso di vaccinarsi subito (anche a beneficio dei “no vax”).
Giuseppe Pignatone è l’ex procuratore capo di Roma e in quanto tale interviene di frequente sulla crisi della giustizia in Italia: quasi sempre criticando questo o quell’aspetto del progetto di riforma della giustizia cui sta lavorando il ministro Marta Cartabia, nell’ambito del Pnrr messo a punto dal premier Mario Draghi, sotto l’attenzione massima del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, presidente del Csm.
Pignatone non è solo nella sua trincea “mohicana”: lo affiancano Giancarlo Caselli e Armando Spataro, ex procuratori capo di Torino; e Edmondo Bruti Liberati, già numero uno a Milano. Ma a differenza degli ultimi tre – magistrati in ritiro – Pignatone è ancora super-procuratore in servizio, anche se al servizio di uno stato estero: la Santa Sede. Uno stato a sua volta alle prese con una riforma complessa della sua giustizia penale interna e con l’evoluzione di delicate interfacce con la giustizia di altri Paesi (anzitutto l’Italia) e con importanti “authority” internazionali.
Ma Pignatone non è solo l’attuale “procuratore capo del Papa”: resta anche il co-protagonista del “caso Palamara” che sta scuotendo le fondamenta della magistratura italiana. Il caso primo motore del progetto di riforma Cartabia.
L’ex presidente dell’Anm è stato radiato dalla magistratura ed è tuttora al centro di un’inchiesta penale della Procura di Perugia anche per “traffici di influenze”. In concreto: per essere stato, Palamara, uno dei “pupari” di quello che lui stesso ha definito “il Sistema” in un libro-autodenuncia molto comprato in libreria negli ultimi mesi. Bene, di quel “traffico di influenze” è noto molto – se non tutto – salvo il contenuto di una singolare intercettazione “rimossa”: riguardante una cena in cui i commensali principali erano Palamara e Pignatone.
Nel frattempo la nomina a successore di Pignatone del suo delfino Michele Prestipino è stata dichiarata illegittima in appello presso il Consiglio di Stato. Fin dalla primavera 2019 era d’altronde evidente a tutti che le candidature del procuratore generale di Firenze, Marcello Viola, e del procuratore capo di Palermo, Franceso Lo Voi, avevano più titoli. Eppure sono state eliminate per far strada alla candidatura di Prestipino, che due anni dopo resta seduto sulla poltrona di Pignatone. E Pignatone – da oltre Tevere – attacca sui media italiani una riforma apertamente sollecitata dal Quirinale per superare “il Sistema”. Perché? Com’è possibile?
Repubblica ha riservato ieri una pagina all’intervista-racconto di una famiglia pachistana di Brescia: a più di un mese, ormai, dalla scomparsa di Saman Abbas, la 21enne pachistana residente in provincia di Reggio Emilia, ritenuta ormai dagli inquirenti vittima di un assassinio ad opera di congiunti per non aver accettato un matrimonio combinato.
L’autrice dell’intervista, Karima Mouaal, una giornalista italiana di origine nordafricane, ha titolato la sua intervista: “Gli altri pachistani d’Italia: “Mai violenza sui figli ma la famiglia resta sacra””. Che significa: “Mai violenza… ma…”? “Ma” cosa? E quale famiglia “resta sacra”? Quella che – assieme alla comunità degli “altri pachistani d’Italia” – un mese dopo aver barbaramente assassinato una “figlia” mantiene ancora un silenzio omertoso sul luogo dov’è stata sepolta Saman?