artabiaAlcuni giorni fa, dalle pagine di questo giornale, la professoressa Violini, non esattamente una rivoluzionaria, ha con fermezza denunciato come l’indipendenza della magistratura sia pian piano scivolata ben oltre il principio della divisione dei poteri. Poco dopo, il professor Cassese, non proprio un reazionario, ha a sua volta affermato come esistano nel nostro Paese “procuratori- investigatori che hanno sviluppato un nuovo potere dello Stato, che certamente va oltre il dettato costituzionale”.
A fronte di ciò, fa fatica a decollare l’iter delle riforme della giustizia ferme in Parlamento, in attesa proprio degli emendamenti del Governo. Sulla riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario, quella che appare francamente la più urgente oltre che la più delicata, si è presentato un ulteriore intoppo, visto che sono stati riammessi i tre emendamenti di Enrico Costa sulla responsabilità civile dei magistrati.
Come dire, che mentre la ministra cerca con arguzia di garantire al suo premier quei risultati minimi che abbiamo promesso all’Europa, concentrandosi sugli aspetti meno problematici sui quali poter dire di aver riformato il sistema, velocizzando il processo con piccole modifiche sulle quali si può ottenere una larga convergenza, spuntano in continuazioni da ogni anfratto le vere problematiche che hanno spinto due accademici del tenore di quelli appena citati a formulare denunce pesanti come macigni.
Insomma, pur apprezzando il lavoro fatto dalla commissione ministeriale, occorre ribadire che criteri più stringenti per le nomine, l’esclusione del sorteggio per l’elezione dei componenti del Csm, l’introduzione delle incompatibilità territoriali per i rientri in magistratura per le toghe che sono entrate in politica, più limiti ai passaggi da pm a giudice e viceversa, non costituiscono le risposte sufficienti ad una crisi di sistema che non ha precedenti nella storia della Repubblica.
Se pertanto la scelta del segretario della Lega di appoggiare i Radicali, che come noto hanno depositato in Cassazione i sei quesiti referendari in materia di giustizia, appare in contraddizione con il suo essere forza di governo, è altresì vero che il tema della responsabilità dei magistrati non può più essere eluso. Facendo sempre attenzione che non diventi tematica da qualunquismo giudiziario, si potrà realmente parlare di riforma dell’autogoverno della magistratura solo se e quando si metterà mano a questo aspetto, andando ad esempio nella direzione ipotizzata dalla prof. Violini.
Per quanto delicato, per quanto scivoloso, per quanto scomodo, non si può non partire dalla piena comprensione che la perdita di credibilità della magistratura ha come reale origine la percezione da parte dei cittadini della sostanziale impunità di cui essi godono nonostante gli errori che, come è naturale che sia, vengano commessi. E se l’errore può avere maggior o minor rilevanza sul piano della responsabilità civile, di certo l’errore del singolo deve trovare una ricaduta nel momento della valutazione di professionalità del magistrato che invece, nel 97% dei casi, supera brillantemente la prova.
Non molto dissimile l’aggiornamento dal fronte della riforma del processo penale. Alla Camera la discussione è calendarizzata in aula per il 28 giugno, ma anche lì non sono ancora giunti gli emendamenti della ministra. Il presidente della commissione in forza al movimento pentastellato ha assicurato comunque che non si procederà in fretta, anche perché sul processo penale resta irrisolta la questione della prescrizione, con i grillini assai perplessi sulle due soluzioni proposte dalla Commissione ministeriale.
Non possiamo che augurare per il bene del Paese che si trovi, in tempi ragionevoli, il famoso pettine per sciogliere i numerosi nodi.
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