Vaccino sì vaccino no. Il mio vaccino è meglio del tuo e se non lo fai te ne resti a casa. Era inevitabile che succedesse così, vista la grande confusione che regna sull’argomento vaccini. D’altro canto mai nella storia dell’umanità si era assistito a una pandemia di livello globale come quella causata dal Covid-19, se non risalendo ai tempi della famosa e devastante “spagnola”. E mai era successo che si arrivasse a produrre dei vaccini in tempi così stretti come si è verificato in questo caso, con tutti i limiti immaginabili.
Quello che è successo con l’annuncio del ritorno ai concerti dal vivo di Bruce Springsteen (dal prossimo 26 giugno al 4 settembre nell’intimità del piccolo St. James Theatre di New York, dove il musicista americano riprenderà a presentare il suo spettacolo “On Broadway”, grande successo di un paio di anni fa) apre squarci però inediti che la dicono lunga di un mondo post pandemia che non sembra essere quello del “tutto tornerà come prima” che è stato lo slogan propagandistico che ha tenuto in piedi le speranze da ormai un anno e mezzo a questa parte.
Per decisione dello Stato di New York, come precisano i responsabili del teatro (e non di Springsteen, va chiarito, come qualche media superficiale ha fatto intendere) potrà prendere parte ai concerti solo chi si è vaccinato con Pfizer, Moderna e Johnson & Johnson, accesso vietato per chi si è vaccinato con AstraZeneca. Nel dettaglio: i membri del pubblico di età superiore ai 16 anni devono essere completamente vaccinati e a 14 giorni dalla dose finale di Pfizer-BioNtech, Moderna o Johnson & Johnson. I minori di 16 anni devono essere accompagnati da un adulto vaccinato e devono inoltre fornire la prova di un test dell’antigene Covid-19 negativo eseguito entro 6 ore dall’inizio dello spettacolo, o di un test PCR Covid-19 negativo eseguito entro 72 ore dall’inizio dello spettacolo. Discriminazione sanitaria? Sembra proprio di sì, perché il vaccino di Oxford non è mai stato approvato dalla Fda (la Food and Drug Administration) americana. E, guarda caso, è prodotto da una azienda anglo-svedese, mentre gli altri tre sono di produzione americana: Pfizer Inc. è la più grande società del mondo operante nel settore della ricerca, della produzione e della commercializzazione di farmaci; Moderna è prodotto dall’omonima azienda americana nota nel settore delle biotecnologie e attiva dal 2010 Cambridge, nel Massachusetts, quotata in Borsa; Johnson & Johnson è una società farmaceutica multinazionale statunitense che produce farmaci, apparecchiature mediche e prodotti per la cura personale e l’automedicazione, le sue azioni sono quotate presso la borsa di New York e fanno parte dell’indice Dow Jones Industrial Average. Insomma, “America first”, come diceva quel buontempone di The Donald. In realtà Trump aveva stipulato un contratto con AstraZeneca durante il suo mandato di diverse centinaia di milioni di dollari. Si calcolava che il 60 per cento degli americani avrebbe ricevuto quel vaccino e invece non ne è stata usata nemmeno una dose. Eppure ce ne sono trenta milioni in fiale pronte per l’uso in uno stabilimento a West Chester in Ohio e secondo il New York Times ci sono “decine di milioni di altre dosi” già prodotte. Che, a questo punto, rischiano di andare al macero. Potrebbero piuttosto essere regalate a qualche paese del cosiddetto terzo mondo, no?
Non è solo una questione economica però. Il blocco di AstraZeneca negli Stati Uniti risale ai primi casi di trombosi verificatisi in Europa: sostanzialmente, e non si può accusarli per questo, gli americani non accettano i dati raccolti dagli altri ma vogliono rifare tutto il procedimento da capo. Ci si è messo poi il discusso virologo della Casa Bianca, Anthony Fauci, dichiarando che “abbiamo tre eccellenti vaccini. Anche se l’Fda deciderà che AstraZeneca è un ottimo vaccino, noi non abbiamo bisogno di un altro vaccino, ne abbiamo abbastanza”. Beati loro.
Certo, non aiuta la confusione delle autorità sanitarie europee, quella italiana in primis. Paesi come la Danimarca che rifiutano AstraZeneca, casi di trombosi in Italia, continuo cambiamento dell’età dei soggetti a cui somministrarlo, decisione di fare un mix tra prima dose e seconda dose: prima sospeso in tutta Europa, poi consentito agli under 60, poi anche agli over, ora solo agli over, in un susseguirsi di stop and go senza mai una spiegazione definitiva. Se un cittadino italiano, ad esempio, che ha ricevuto la prima dose con AstraZeneca e poi riceve la comunicazione che per la seconda dose gli verrà somministrato un secondo vaccino, va sul sito del Cts o del ministro della Salute, di questi studi non trova traccia.
A questo punto viene da pensare che ci siano vaccini di serie A (quelli che l’America ha scelto) e vaccini di serie B, quelli che toccano agli europei, in particolare all’Italia. Ciliegina sulla torta è la decisione delle autorità inglesi che hanno fatto una massiccia prima campagna con AstraZeneca, di cambiare anche loro percorso: “Consigliamo che agli adulti di età compresa tra i 18-39 anni, senza problemi sanitari pregressi, siano offerti vaccini alternativi a Oxford-AstraZeneca qualora siano disponibili e non si creino ritardi nell’immunizzazione” ha detto il professor Wei Shen Lim a capo del Comitato congiunto per le vaccinazioni e le immunizzazioni. La misura precauzionale risponde all’emergere di una casistica di rari effetti collaterali sull’isola pari a 242 casi di trombosi con livelli bassi di piastrine (e 49 morti) riscontrati su 28,5 milioni di prime dosi al 28 aprile, così come riportati dall’ente regolatore dei farmaci britannico Mhra. La dottoressa June Raine, Ceo del Medicines and Healthcare products Regulatory Agency ha aggiunto: “Il bilancio di rischi e benefici nella somministrazione di AstraZeneca è molto favorevole per le persone più anziane ma si assottiglia per le persone più giovani” .
E quindi? “Tutto tornerà come prima” un bel niente. Tutto sarà più incasinato di prima, troppi interessi e troppa confusione. I concerti di Springsteen (ma non solo: recentemente i Foo Fighters si sono esibiti in una grande sala al chiuso con piena capienza solo per vaccinati) sono i primi con cui Broadway, il cuore dello spettacolo americano, riapre. Che succederà in futuro? Le decine di migliaia di turisti europei che vengono appositamente a New York per assistere agli spettacoli saranno lasciati sui marciapiedi di Broadway? Rimane il dubbio di una discriminazione sanitaria molto sciocca, in un momento storico drammatico in cui si dovrebbe pensare al bene comune, anche nel mondo dell’entertainment. I fan di Springsteen canadesi ed europei vaccinati con AstraZeneca devono restarsene a casa anche se stanno benissimo. Perché chiudere loro le porte? E chi non vuole o non può vaccinarsi? C’è poco da aggiungere: niente sarà più come prima.
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