Non si placano le polemiche legate alla Superlega. Oggi, a dire la sua, è il Presidente della Liga Spagnola, Javier Tebas, che ha decisamente attaccato i tre club ribelli, che non hanno ancora abbandonato definitivamente il progetto di una competizione chiusa, senza l’egida dell’Uefa. “Il modello che stanno ancora difendendo Juventus, Real Madrid e Barcellona credo che sia morto. Stanno cercando di mantenerlo con la bandiera della misura cautelare del Tribunale di Madrid. Io dico che è una barca con tre naufraghi e una bandiera, e la bandiera è la misura cautelare del Tribunale”.
Parole chiare e dirette soprattutto alle due principali squadre che trascinano il nome della Liga nel mondo e che hanno contribuito a farla diventare la seconda lega più seguita al mondo, grazie alla loro enorme ricchezza, che ha reso di fatto comprimarie tutte le altre, con la sola eccezione dell’Atletico Madrid, vincitore dell’ultimo campionato spagnolo. Non solo, Tebas non difende neppure il suo modello: “Se vogliamo una Liga più interessante, per esempio, i soldi diamoli al Rayo Vallecano, appena neopromosso, e togliamoli al Real Madrid”.
Tebas: “Superlega? I ribelli devono ammettere l’errore che hanno fatto”
Tebas, in conclusione del suo intervento sulla Superlega, a consuntivo di una Liga Spagnola equilibrata come poche volte in passato, con quattro squadre in lotta per il titolo fino a poche giornate dal termine, rincara la dose nei confronti dei club ribelli: “Bisogna cercare di convincerli che hanno sbagliato, e che dovrebbero lavorare seguendo un’altra linea. Il problema della trasparenza non si risolve con una competizione, con un concetto con il quale non è d’accordo la maggior parte dei club nel mondo, cioè che il calcio giri intorno a quindici club”.
Tuttavia pure Tebas sottolinea come sia in atto un cambiamento che riguarderà tutto il calcio europeo. Un difficile momento anche a livello politico, con le istituzioni del calcio sotto l’occhio del ciclone di quelle che governano le principali nazioni europee. Un tema che sta toccando anche l’Europeo, con la battaglia per spostare la Final Four da Wembley a Roma, con le polemiche relative a quanto sta accadendo in Ungheria e il mancato permesso di illuminare con le luci dell’arcobaleno l’Allianz Arena di Monaco. Calcio e politica, dunque, sempre più intrecciati nei loro destini.