«È una Lettera molto attuale. Sembra scritta per i nostri tempi». Così papa Francesco ha motivato la scelta di dedicare il nuovo ciclo di Catechesi iniziato mercoledì alla Lettera di san Paolo ai Galati. Dopo il lungo e bellissimo itinerario dedicato alla preghiera, Bergoglio porta l’attenzione dei credenti su questo testo che lui definisce “decisivo” in quanto «affronta alcune tematiche molto importanti per la fede, come quelle della libertà, della grazia e del modo di vivere cristiano, che sono estremamente attuali perché toccano tanti aspetti della vita della Chiesa dei nostri giorni». I Galati erano una popolazione di origine celtica, che nel III secolo a.C. avevano preso parte alle spedizioni nei Balcani e che si erano insediate prima in Tracia e poi in Galazia, l’attuale zona della Turchia dove si trova Ankara.
Ci sono alcuni passaggi in questo inizio della Catechesi che è prezioso annotarsi. Il primo è la sottolineatura che il Papa fa rispetto al metodo di Paolo. L’apostolo infatti quando arriva in una regione o in una città non si preoccupa di costruire una “grande cattedrale”, ma si dà da fare per mettere insieme piccole comunità. «Incominciava facendo piccole comunità. E queste piccole comunità crescevano, crescevano e andavano avanti», ha spiegato Francesco. Un metodo che è di riferimento anche per l’oggi. «Paolo faceva le piccole comunità che sono il lievito della nostra cultura cristiana di oggi». Dunque la dimensione “piccola” che permette alla fede di farsi tessuto di vita, chiesa nella sua essenzialità e semplicità.
Anche se piccole, le comunità sono esposte a grandi pericoli. Ed è questo il secondo passaggio del Papa che è prezioso annotarsi. «Vengono gli avvoltoi a fare strage nella comunità», sintetizza Bergoglio. Minano l’autorità di Paolo, denigrano la sua persona, si presentano come possessori della verità, come i puri, lavorano con l’arma della calunnia. Anche oggi questa dinamica si rinnova. Il Papa non si nasconde dietro le parole: «Non mancano nemmeno oggi, infatti, predicatori che, soprattutto attraverso i nuovi mezzi di comunicazione, possono turbare le comunità. Con forza affermano che il cristianesimo vero è quello a cui sono legati loro, spesso identificato con certe forme del passato, e che la soluzione alle crisi odierne è ritornare indietro per non perdere la genuinità della fede. Anche oggi, come allora, c’è insomma la tentazione di rinchiudersi in alcune certezze acquisite in tradizioni passate». Anche nel caso di Paolo gli accusatori rivendicavano il fatto che si dovesse «tornare indietro alle osservanze di prima» e che anche i pagani (in questo caso i Galati) «dovevano essere sottoposti alla circoncisione e vivere secondo le regole della legge mosaica».
Che cosa caratterizza questi predicatori di ieri e di oggi? È la loro rigidità, sottolinea Francesco. Ed è la terza cosa che val davvero la pena trattenere da questo esordio della Catechesi. «Una delle tracce del loro modo di procedere è la rigidità. Davanti alla predicazione del Vangelo che ci fa liberi, ci fa gioiosi, questi sono dei rigidi. Sempre la rigidità: si deve far questo, si deve fare quell’altro …». Le piccole comunità che avevano conosciuto un’esperienza che «permetteva loro di essere finalmente liberi, nonostante la loro storia fosse intessuta da tante forme di violenta schiavitù», si trovavano smarrite davanti all’offensiva di questi «custodi della verità» che ricattano con il metodo del «questo sì questo no». All’opposto la via indicata da Paolo è quella «liberante e sempre nuova di Gesù Crocifisso e Risorto; è la via dell’annuncio, che si realizza attraverso l’umiltà e la fraternità». Davvero quella ai Galati è una lettera scritta per noi…
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