«Laicità? In Francia decide il Governo…»: a parlare è il Presidente Emmanuel Macron a margine della prima giornata di Consiglio Europeo, travagliata proprio per le discussioni sui diritti civili con il Premier Orban in merito alla discussa legge anti-LGBTQ approvata dall’Ungheria. Il riferimento del Presidentissimo dell’Eliseo è però alla nota verbale del Vaticano che esprime forti perplessità sul Ddl Zan per potenziali violazioni del Concordato tra Stato italiano e Chiesa Cattolica.
In Parlamento il Premier Draghi ha parlato dell’inviolabilità del principio di laicità dello Stato e delle istituzioni in merito alle proprie legislazioni, anche se ha poi ammesso come qualsiasi legge prodotta debba anche essere pienamente costituzionale il che prevede anche il rispetto di tutti i trattati siglati, compreso il Concordato con la Santa Sede nel 1984. Interpellato sulla vicenda dall’inviato di “Repubblica”, Macron ribadisce «La laicità dello Stato è un principio inviolabile in Francia», confermando la piena e rigida separazione con le confessioni religiose.
LA ‘LEZIONE’ DI MACRON È VERA LAICITÀ?
Macron dice di non aver letto nel dettaglio le dichiarazioni di Draghi al Senato, ma sente comunque di sostenere l’approccio avuto dal Governo italiano sullo scontro Ddl Zan-Vaticano: «hanno fatto bene. Vengo da un paese – conclude – che è laico e secolare da parecchio secoli..», ma lo fa ridendo come a voler sottolineare la distanza piena tra Francia e Italia nei confronti della religione. La risposta di Macron viene salutata dai media italiani (e dal Centrosinistra) come una autentica “lezione” di laicità per far capire dove ancora il nostro Paese deve imparare sul tema in questione. Ebbene, ma è veramente così? E si può parlare di “lezione” quella impartita da Macron con due battute? Il dibattito è aperto e sicuramente continuerà anche nei prossimi giorni, però occorre sottolineare almeno 3 elementi – a nostro parere – da non sottovalutare.
1- Nel 2020 la Francia di Macron ha presentato un disegno di legge contro i separatismi come forma di “controllo” alle realtà non allineate con i valori e le tradizioni della Repubblica francese: una legge nata per contrastare il radicalismo islamico ma che si è trasformata in un tentativo di riaccentrare il controllo dello Stato su scuole private e impedire l’abbandono scolastico. Un conto però è la laicità che riaffermi la libertà di credere e non credere ad una fede religiosa e di rimanere ugualmente cittadini; un altro è la deriva rischiosa, il laicismo, col quale lo Stato “allunga” la mano sulle religioni e le fedi per “controllarle” meglio e renderle “neutrali” e “innocue”.
2- Come ben spiegava Papa Benedetto XVI nel discorso ai Giuristi italiani il 9 dicembre 2006, «non è certo espressione di laicità, ma sua degenerazione in laicismo, l’ostilità a ogni forma di rilevanza politica e culturale della religione; alla presenza, in particolare, di ogni simbolo religioso nelle istituzioni pubbliche. Come pure non è segno di sana laicità il rifiuto alla comunità cristiana, e a coloro che legittimamente la rappresentano, del diritto di pronunziarsi sui problemi morali che oggi interpellano la coscienza di tutti gli esseri umani, in particolare dei legislatori e dei giuristi».
3- Infine, il merito della vicenda Ddl Zan-Vaticano: come ha ben spiegato oggi sul “Sussidiario” il senatore Gaetano Quagliariello, il problema in questione non è la “laicità” bensì lo stato di diritto. «Sono d’accordo con Draghi che l’Italia è uno Stato laico, ma l’iniziativa della Chiesa sul ddl Zan non attiene la laicità, attiene lo stato di diritto. I rapporti tra Stato e Chiesa, dice la Costituzione, sono regolati dai patti lateranensi. Andrebbe ricordato che l’articolo 7 Cost. passò con un voto decisivo dell’allora Partito comunista che se ne è sempre fatto un grande vanto», spiega Quagliariello facendo leva su quanto la stessa Segreteria di Stato con il Cardinal Parolin ha espresso ieri difendendo la scelta della “Nota Verbale”, «La nostra preoccupazione riguarda i problemi interpretativi che potrebbero derivare nel caso fosse adottato un testo con contenuti vaghi e incerti, che finirebbe per spostare al momento giudiziario la definizione di ciò che è reato e ciò che non lo è. Senza però dare al giudice i parametri necessari per distinguere».