Era il 26 giugno dello scorso anno, esattamente un anno fa, quando una volontaria subì violenza nella parrocchia di Don Orione a Roma, da parte di uno sconosciuto che provò addirittura ad ucciderla. A rammentare quella vicenda è Il Messaggero: secondo la ricostruzione, l’uomo si nascose nella camera da letto della volontaria della parrocchia. Quando lei entrò lui l’aggredì violentemente picchiandola e tentando di strangolarla fino ad infilarle la testa nel water. Solo dopo averla stordita iniziò a palpeggiarla in quelli che erano i preliminari di uno stupro.
Quell’uomo era il factotum della parrocchia, 40enne con disturbi psichici e che ogni tanto di offriva per compiere dei piccoli lavoretti. Ora a suo carico è arrivata una sentenza di condanna a 8 anni di carcere per tentato omicidio e violenza sessuale. Secondo quanto emerso da una perizia, il maniaco è affetto da un disturbo della personalità, un comportamento antisociale con caratteristiche psicotiche, ma sarebbe comunque considerato capace di intendere e di volere al momento del fatto.
TENTA DI UCCIDERE E STUPRARE VOLONTARIA IN PARROCCHIA: LA RICOSTRUZIONE CHOC
Secondo quanto ricostruito in seguito, l’aggressione ai danni della volontaria fu molto violenta e improvvisa. Stando a quello che si legge negli atti, “l’imputato dopo essersi nascosto all’ interno della camera da letto di M., un’assistente volontaria della parrocchia sita in via don Orione, alla domanda di lei di cosa ci facesse in un angolo, senza alcun motivo, compiva atti idonei e diretti in modo non equivoco a cagionare la morte della parte offesa”. In altri termini, tentò di ucciderla. A tal fine le girò il laccio del suo portachiavi attorno al collo al fine di strangolarla e mentre la colpiva co pugni e calci la trascinò in bagno dove, come specificato dal magistrato, “con ferocia le metteva la testa dentro il water e per di più strappandole ciocche di capelli”. Agli inquirenti la volontaria ha aggiunto altri dettagli: “Sempre nel tentativo di uccidermi, di strangolarmi o soffocarmi, mi ha girato intorno al collo anche il flessibile della doccia. Sanguinavo ma non si fermava. Non riuscivo nemmeno a gridare per chiedere aiuto”. A quel punto l’aggressore avrebbe allentato la morsa e le avrebbe abbassato i leggins al fine di stuprarla: “Mi sono opposta in ogni modo. Seppure immobilizzata, ferita, ho cercato di proteggermi. Stringevo le gambe, provavo a urlare”. A quel punto il factotum sarebbe scappato ma successivamente rintracciato ed arrestato. Per gli inquirenti, l’omicidio e lo stupro non sarebbero stati portati a termine “per circostanze non dipendenti dalla volontà dell’ imputato”.