Chi ama il jazz (o qualunque cosa sia diventato, quanto a nomenclature), nell’ultimo decennio assiste ad un fenomeno abbastanza noto: il proliferare di progetti per fiati in Italia. Il nostro Paese, infatti, che avrebbe forse più virtù che vizi se questi ultimi non facessero più rumore, conta senza dubbio su almeno due generazioni di sassofonisti, clarinettisti e legni vari assolutamente di prim’ordine, anzi una vera “scuola”, per così dire, cui a livello internazionale si guarda con grande rispetto e ammirazione.
Merito certamente di musicisti che oggi sono anagraficamente “padri”, ma che per capacità visionaria e progettuale restano ragazzini che amano “giocare” con i nuovi arrivati in città. Tra questi, certamente, Gianluigi Trovesi che, incurante delle prossime ottanta candeline, prosegue una fitta attività come compositore, strumentista, arrangiatore, dentro quel bilico tra tradizione e sperimentazione che presiede il profluvio di progetti che porta avanti con rigorosa coerenza.
Negli ultimi giorni, ad esempio, è arrivato negli store “Interwined Roots”, che ha ideato e registrato a sei mani per la Parco della Musica Records (una benedizione editoriale per il desueto coraggio in produzioni out of mainstream) insieme ai NovoTono, due colleghi di fiato di Trovesi di prim’ordine, i fratelli Adalberto e Andrea Ferrari. Per l’occasione si sono firmati “NRG Bridges”, ponti di energia che collegano, in prima battuta, due diverse generazioni di clarinettisti e sassofonisti e lo fanno attraverso quindici brani originalissimi che merita certamente ascoltare.
Il trio mette a confronto passato e presente e, vuoi una scelta vuoi il caso, se le radici evocate nel titolo dell’album evocano verticalità e profondità, i ponti, di par loro, suggeriscono linee orizzontali ed estensioni in latitudine. Due facce della stessa medaglia: radici antiche che rinnovano le chiome, ponti che uniscono espressioni diverse. Ed è questa, a ben guardare, la cifra dell’album, che “sdilenca”, come piaceva dire a Maraini, tra gli stilemi dei grandi padri della musica afroamericana e i suoni più evoluti di sperimentazioni contemporanee, che sfuggono – come si diceva – a una purchessia classificazione: né jazz né classica, insomma, semplicemente musica nova.
D’altro canto i NovoTono da anni propongono progetti fondati su un dialogo musicale fatto di eclettismo, un luogo sospeso dove gli arrangiamenti hanno rappresentato la molla trasformativa per ibridare tradizione popolare e colta in una sintesi originalissima. Lo stesso terreno, quindi, di Trovesi; ecco perché l’esperimento funziona e anche bene, capace com’è questa musica (fin da Legni sonanti che apre l’album, quasi un manifesto) di far viaggiare su e giù per la storia, nel perimetro sicuro della padronanza strumentale.
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