RIFORMA PENSIONI, CAZZOLA CHIEDE INTERVENTI MIRATI
In un articolo pubblicato sul Quotidiano del Sud, Giuliano Cazzola evidenzia che se i sindacati insistono nel portare avanti le loro istanze in tema di riforma pensioni, rese note da tempo attraverso la piattaforma unitaria, dovrebbero quanto meno convincersi “che, oggi, non ha senso infilarsi in un riordino di carattere generale a disposizione di tutti, anche di coloro che non hanno particolari problemi di lavoro e di salute in una fase come l’attuale”. Per l’ex deputato bisognerebbe piuttosto vedere “come – a certe condizioni sostenibili – il pensionamento anticipato (in Italia largamente prevalente) possa essere usato alla stregua di un ammortizzatore sociale. Ma perché ciò sia possibile non serve sparare nel mucchio”. Cazzola spiega infatti che da questo punto di vista “occorrono interventi mirati, tra cui lo sviluppo dei fondi bilaterali (che già durante la pandemia hanno fatto la loro parte ovviamente dove c’erano ed operavano): strumenti che, nella transizione, possono contribuire ad una svolta a livello delle politiche attive”.
SINDACATI DA DRAGHI, MA SULLE PENSIONI È ANCORA STALLO
Dopo la cabina di regia di ieri e l’accordo sul Decreto Licenziamenti, oggi i rappresentanti dei sindacati sono attesi a Palazzo Chigi per un incontro con il Premier Mario Draghi: è ancora però stallo pieno sul fronte pensioni, con l’attesa convocazione al Ministero della Salute che ancora tarda ad arrivare (priorità date finora, anche giustamente per motivi di scadenze, a PNRR, blocco licenziamenti e adempimenti Fisco). Come ha però ribadito lo scorso 26 giugno intervenendo nella piazza di Firenze il leader Cisl Luigi Sbarra «abbiamo alzato le nostre bandiere per dire al governo, per dire al parlamento che la ripresa economica, la crescita e lo sviliuppo del Paese si producono insieme, si sostengono insieme al mondo del lavoro, ai lavoratori, alle pensionate, ai pensionati mai mai contro di loro, solo ascoltando la voce delle persone del lavoro, di coloro che in questo anno terribile con le loro attività, con le loro prestazioni lavorative, con i loro sacrifici, hanno tenuto insieme il Paese». Serve una nuova “solidarietà”, ribadiscono Cgil-Cisl-Uil, con Sbarra che aggiunge «aprire un tavolo per scongiurare lo scalone di cinque anni dal 1° gennaio del 2022 e ricostruire un sistema previdenziale che sia davvero sostenibile, stabile e inclusivo. Bisogna ampliare la platea dei lavoratori usuranti e faticosi. Non è più rinviabile una pensione di garanzia per tanti giovani incastrati in occupazioni discontinue e precarie, part-time, in veri e propri lavori poveri. Senza nuove regole questi ragazzi non avranno mai accesso a pensioni dignitose e rischiano di affacciarsi a una terza età fatta di privazione, povertà, marginalità»; da ultimo, occorre per le sigle fissare 41 anni di contributi o 62 di età come limite sempre e comunque, «per permettere una terza età dignitosa». (agg. di Niccolò Magnani)
I DATI SULLA SPESA PENSIONISTICA
In un articolo sul sito del Sole 24 Ore vengono ricordati i numeri relativi all’“andamento delle pensioni ‘eliminate per decesso’ dall’Inps. Alle tre ondate del Covid hanno fatto seguito altrettanti ‘picchi’ nell’interruzione degli assegni pensionistici da erogare: quasi 100mila nei mesi di marzo, aprile e maggio 2020; oltre 90mila tra ottobre, novembre e dicembre dello scorso anno; e 75mila nel marzo del 2021 prima che il ‘fenomeno’ tornasse a ridursi rapidamente. Ma questo non è il solo indicatore sull’evoluzione e sulle ricadute dell’emergenza Coronavirus fornito dall’Istituto guidato da Pasquale Tridico. Nel 2020 le entrate contributive dell’ente previdenziale si sono fermate a poco più di 221 miliardi, facendo registrare un calo di 15 miliardi sull’anno precedente”. Non sono mancate nelle scorse settimane sui social diversi commenti di utenti secondo cui questa minor spesa pensionistica dovuta alla pandemia dovrebbe impedire che vi siano misure di riforma pensioni restrittive per contenere ulteriormente la spesa. Vedremo che decisioni prenderà in merito il Governo.
LE PAROLE DI DURIGON
Si sta parlando molto della proroga del blocco dei licenziamenti che scade domani. Sembra ormai certo un intervento selettivo, in modo che solo in taluni settori si possa continuare a vietare il licenziamento per ragioni economiche. Secondo Claudio Durigon, occorre comunque vare degli incentivi alle assunzioni e alla formazione dei lavoratori, “in modo che se qualche persona viene licenziata possa essere rimessa nel mercato del lavoro”. Da questo punto di vista, spiega il sottosegretario all’Economia in un’intervista al Messaggero, “un’ipotesi è rafforzare la decontribuzione per i neo assunti introdotta nel decreto agosto dello scorso anno. Oggi lo sconto è di sei mesi di contributi per le assunzioni a tempo indeterminato e le stabilizzazioni. Troppo poco, va aumentato. Molti altri strumento già ci sono, come il contratto di espansione”. A proposito di quest’ultimo, che viene considerato ormai tra le misure di riforma pensioni, Durigon anticipa che ci sarà “una norma per chiarire che le imprese potranno cumulare gli incentivi alle assunzioni con i prepensionamenti”.
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI VISCO
Sul Sole 24 Ore sono stati riportati alcuni stralci dell’intervento di Ignazio Visco pubblicato sulla rivista “Economia italiana” dal titolo “Covid shock, debito pensionistico e debito pubblico”, identico a quello che il Governatore della Banca d’Italia ha tenuto in occasione del webinar “Gli Stati generali delle pensioni” tenutosi a inizio novembre 2020. In quell’occasione Visco aveva evidenziato che, grazie ad alcune misure di riforma pensioni, il sistema pensionistico italiano è dotato di “meccanismi di stabilizzazione” che lo rendono resiliente “a shock macroeconomici e a variazioni dell’aspettativa di vita”. Dal suo punto di vista “è tuttavia importante anche fare in modo che a una maggiore domanda di lavoro dei più anziani si affianchi una adeguata offerta”. E su questo fronte il nostro Paese è indietro rispetto ad altri europei.
L’IMPORTANZA DELLA PREVIDENZA COMPLEMENTARE
Per Visco “è necessario, altresì, promuovere la previdenza complementare. Un sistema multi‒pilastro è utile al lavoratore perché può consentire il conseguimento di benefici pensionistici adeguati anche a fronte di regole di calcolo meno generose per le pensioni pubbliche, con una migliore diversificazione del rischio”. Il numero uno di via Nazionale evidenzia in particolare che “spesso i versamenti sono insufficienti e discontinui, soprattutto per quei lavoratori che più ne beneficerebbero (i più giovani, i precari, le donne, chi è impiegato nelle piccole imprese”. Ecco perché “in assenza di significativi interventi gli effetti della crisi pandemica potrebbero essere quindi particolarmente negativi”.
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