L’islamismo radicale e terrorista non è sconfitto purtroppo, anzi sopravvive con la quarta fase-generazione di jihad (guerra santa) e con un’alleata “inconsapevole” ma determinante: la sinistra. È durissima la lettura che l’arabista francese Gilles Kepel – affrontato oggi su La Verità” – della presenza temibile del radicalismo islamista ancora oggi in Europa, nonostante la sconfitta (sul campo militare, non su quello ideologico) dell’Isis. Lo studioso e massimo esperto mondiale della materia in un saggio del 2019 aveva evidenziato con chiarezza le tre fasi finora emerse dello jihadismo: dal 1980 al 1997, simbolo la lotta dei mujaheddin in Afghanistan; 1998-2005, simbolo l lotta di Al Qaeda e l’11 settembre 2001; 2005-2017 è la terza fase culminata nella nascita dell’Isis e nei fenomeni di terrorismo mondiale, da Parigi fino a Monaco e oltre Oceano.
Ecco, nel nuovo saggio a breve in uscita anche in Italia “Il ritorno del profeta” Kepel annuncia la “quarta fase” definita “jihadismo d’atmosfera”. Cosa significa lo ha spiegato lo stesso arabista al giornalista del Foglio Giulio Meotti: «jihadismo di quest’epoca è legato alla diffusione di messaggi di mobilitazione sui social media che scatenano il passaggio all’azione criminale e non richiede più l’appartenenza preliminare dell’omicida a una organizzazione piramidale come Al Qaeda, né a struttura reticolare come l’Isis».
IL RISCHIO DELLA SINISTRA FILO-ISLAMICA
Secondo la visione di Kepel, il problema oggi sorge nell’incontro tra una domanda di “azione” diffusa online e da un’offerta terroristica che risponde: i nuovi predicatori d’odio non hanno bisogno di chissà quale struttura per far breccia nelle menti dei nuovi “affiliati”, basta un “humus culturale fertile” per poter tristemente attecchire. «I predicatori trovano persone già radicalizzati per amicizie o moschee, spesso dai Fratelli Musulmani e dai salafiti, che hanno già compiuto la rottura con la cultura occidentale, pronti a uccidere senza essere parte di un’operazione piramidale o reticolare», spiega ancora Kepel a Meotti. L’omicidio del professore parigino Samuel Paty è purtroppo il “simbolo” di questa nuova fase dello jihadismo internazionale: «è stato fatto passare come un atto di islamofobia (l’aver mostrato alcune vignette di Charlie Hebdo a lezione, ndr) attorno al quale suscitare una reazione di vittimismo comunitario musulmano». Quel vittimismo ha trasformato l’odio della rete nel progetto omicida “improvvisato”: si vuole fa “giustizia in nome di Allah” davanti a qualsivoglia tema o “evento” pompato dai media nazionali. In Francia avviene già da molto tempo ma anche in Italia, lamenta “La Verità”, la vicinanza tra sinistra e Islam rischia di provocare le medesime reazioni: «Ad alimentare l’idea che in Europa i musulmani siano discriminati, però, non sono solamente gli esponenti dell’islam politico, ma pure i volonterosi sostenitori di certo antirazzismo militante». In Francia un nome già esiste per identificare tale nuova “alleanza”, ovvero “islamogauchismo”, ovvero la saldatura tra sinistra europea e islamismo molto diffuso a livello accademico. Chiosa Kepel spiegando come la sinistra è finita per fornire argomenti e spazi all’Islam politico: «si è saldato all’americanismo della decolonizzazione, così che i valori della Repubblica non sono più niente, sono “crimini coloniali”, non c’è più società europea, ci sono solo razze e generi. E i bianchi sono tutti cattivi».