È stato arrestato il 49enne algerino che quasi quindici anni fa – era il 20 agosto del 2006 – violentò una donna in pieno centro a Milano. Una vicenda di cronaca tremenda, che vide la vittima essere avvicinata alla fermata dell’autobus da uno sconosciuto alle 6 del mattino, con quest’ultimo che accampò come scusa la richiesta dell’ora esatta. In quel preciso istante, però, si scaraventò addosso a lei e la trascinò letteralmente, dopo averla immobilizzata, in un’area appartata, nei pressi di viale Umbria, abusando sessualmente del suo corpo e tenendola sotto la costante minaccia di una grossa pietra, con la quale l’avrebbe colpita se avesse osato gridare o chiedere aiuto.
Al termine della violenza, l’uomo le strappò dal coll0 una catenina d’oro e le rubò il telefono cellulare e 20 euro. La malcapitata, comprensibilmente sotto choc, si rivolse alla clinica “Mangiagalli” per richiedere assistenza sanitaria e denunciò l’accaduto, ma del colpevole non si seppe più niente, almeno fino a poco tempo fa, con la sua cattura, avvenuta nel mese di gennaio, e la condanna, risalente alle scorse ore e decretata dal Gup di Milano, Sara Cipolla, che ha optato per un periodo di detenzione pari a 13 anni e 4 mesi.
VIOLENTÒ DONNA IN STRADA A MILANO: ARRESTATO 49ENNE ALGERINO
Siamo di fronte, pertanto, a un vero e proprio “cold case“, alla cui conclusione si è giunti grazie all’operato svolto dal procuratore aggiunto Letizia Mannella e dal pm Alessia Menegazzo, le quali hanno eseguito un’attività di indagine scrupolosa. Come ricorda “Il Corriere della Sera”, soltanto a febbraio il Tribunale del Riesame aveva respinto l’istanza, presentata dai legali difensori del 49enne algerino che aggredì la donna, di revoca della misura cautelare in carcere, emessa dal Gip milanese, Tommaso Perna, nei confronti dell’aggressore, che nell’interrogatorio di garanzia ha negato con fermezza le accuse mosse nei suoi confronti, rispedendole al mittente.
In un primo momento si optò per l’archiviazione dell’indagine, ma l’esito dell’esame del Dna ha accertato una evidente corrispondenza tra il profilo genetico rinvenuto su alcuni mozziconi di sigaretta che furono repertati nel periodo in cui ebbe luogo l’abuso sessuale e il tampone salivare eseguito nel 2017 sull’uomo, che si trovava per altri reati dietro le sbarre a San Vittore.