Il vile pestaggio dei detenuti nel carcere campano di Santa Maria Capua Vetere continua a far discutere e Nello Trocchia, già collaboratore proprio a La7 con “Piazzapulita”, nelle ultime ore ha parlato proprio in uno dei programmi della tv di Urbano Cairo della sua scottante inchiesta, documentata con delle immagini choccanti nei giorni scorsi. E il giornalista, ospite quest’oggi nell’ultima puntata di “Omnibus”, è tornato su quei fatti raccontandoli ai telespettatori e ha ricordato il lancio di una petizione, da parte del quotidiano “Domani”, affinché per gli agenti si possa arrivare al famoso codice identificativo, problema da anni sollevato ma che vede alcune forze politiche fare orecchie da mercante.
Intervenuto nel talk show di approfondimento politico mattutino di La7, condotto da Alessandra Sardoni, il cronista che oggi scrive per “Domani” ha ricordato come i fatti risalgano ad aprile 2020, all’epoca delle rivolte in alcune prigioni a causa della gestione carceraria dell’emergenza Covid. “Noi ne scrivemmo a settembre e ottobre, dedicando due prime pagine”, ricorda Trocchia elogiando l’intraprendenza del direttore di “Domani”, Stefano Feltri. “Facemmo una prima pagina senza i video: la spedizione punitiva c’è stata, ho le prove da allora perché io mi fornii di testimonianze (…) scrivemmo anche delle manganellate anche a un disabile sulla sedia a rotelle” aggiunge.
NELLO TROCCHIA, “S. MARIA CAPUA VETERE? ORRIBILE MATTANZA E DEPISTAGGI DI…”
“Oggi i video confermano quando evidenziato in quelle inchieste” prosegue poi Trocchia nella sua chiacchierata con la Sardoni (a questo link un estratto video dal suo intervento), ricordando che già allora “evidenziammo un altro aspetto non trascurabile, quello dei bastoni: non mi ritrovavo con le versioni fornite dalla direzione del carcere” spiega il giornalista che poi parla di “orribile mattanza”, riprendendo le parole del giudice per le indagini preliminari a seguito dell’indagine svolta dai Carabinieri di Caserta.
“Una mattanza che non ha alcuna giustificazione e che non può farci parlare di mele marce: è coinvolta l’intera catena di comando, è convolta in ogni suo anello, anche quelli di vertice”: a tal proposito Trocchia è duro e usa l’indicativo per spiegare, come accaduto in altre vicende simili, che le colpe non possono essere fatte ricadere solo sui responsabili diretti del pestaggio, pur sottolineando come la direttrice del carcere non sia in alcun modo coinvolta nella vicenda, nonostante alcuni rumors giornalistici. E le prove fatte per falsificare questa rappresaglia? Secondo la Sardoni ricordano quelle false usate per giustificare il massacro della scuola Diaz alo G8 di Genova: “In questo pestaggio di massa imbastiscono un classico italiano: il depistaggio di Stato, pianificato e ordito con il contributo della catena di comando, con discrezione” conclude Trocchia ricordando invece che sul tema del codice identificativo non sono ancora arrivate risposte dal Ministero.