Questa sera, venerdì 9 luglio, alle 23.00 su Rai 3 va in onda il documentario “L’isola ritrovata. La storia del carcere di S. Stefano” di Salvatore Braca . Il carcere di Santo Stefano, sull’isola di Ventotene, è stato uno dei primissimi edifici carcerari al mondo a essere costruiti secondo i principi del “Panopticon”, enunciati dal filosofo inglese Jeremy Bentham. L’edificio è stato progettato e costruito da Antonio Winspeare, su incarico di Ferdinando I delle Due Sicilie, nel 1795. Winspeare si valse della collaborazione dell’architetto Francesco Carpi, che si rifece ai principi di Bentham. Tali principi prevedevano che tutti i detenuti, rinchiusi in celle disposte a semicerchio, potessero essere sorvegliati da un unico guardiano posto in un corpo centrale. La disposizione architettonica era coerente con il principio benthamiano della dissuasione a fare il male derivante dalla consapevolezza di essere costantemente sotto controllo. All’ingresso del carcere, Carpi fece installare l’iscrizione: “Donec sancta Themis scelerum tot monstra catenis victa tenet, stat res, stat tibi tuta domus” (traduzione: “Fino a che la santa giustizia tiene in catene tanti esemplari di scelleratezza, resta salda la tua proprietà, rimane protetta la tua casa”).
La storia del carcere di Santo Stefano
Anche dopo la caduta del Regno delle Due Sicilie, il carcere mantenne il proprio ruolo sotto il governo italiano. In questo periodo Santo Stefano accolse il capobrigante post-risorgimentale Carmine Crocco e l’anarchico Gaetano Bresci, che aveva ucciso re Umberto I di Savoia. Durante il ventennio fascista il carcere ospitò Umberto Terracini, Mauro Scoccimarro, Rocco Pugliese e Sandro Pertini, futuro Presidente della Repubblica Italiana. Negli anni Cinquanta il carcere ha vissuto una profonda trasformazione, come luogo di redenzione, grazie all’arrivo di Eugenio Perucatti, direttore di Santo Stefano tra il 1952 e il 1960. Il carcere fu chiuso definitivamente nel 1965. Da un anno è iniziato un progetto governativo per il recupero e la valorizzazione dell’ex carcere borbonico affidato a Silvia Costa: “Il progetto di recupero, ispirato a Eugenio Perucatti, intende farne una “Scuola di Alti pensieri”, un percorso espositivo e un Centro di studi e formazione europeo sui diritti umani e sulla concezione della pena e della detenzione, un luogo di pratica ambientale e una sede di residenze artistiche e produzione culturale”, ha detto la Commissaria Costa ad AgCult.