Ha vinto la sua sfida il Panda: il simpatico animale cinese non è più in via di estinzione. Ad annunciarlo nelle scorse ore, come si legge sull’edizione online de Il Corriere della Sera, è stata la stessa Cina, spiegando che la presenza di 1.864 esemplari in natura, ha permesso di portare la specie dal livello “estinzione” a “vulnerabile”, così come da scala stilata dall’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn).
In realtà, come ricorda il quotidiano di via Solferino, questo declassamento era già avvenuto nel 2016, ma all’epoca Pechino aveva risposto: «Se declassiamo il loro stato di conservazione, trascuriamo o rilassiamo il nostro lavoro di conservazione, le popolazioni e gli habitat dei panda giganti potrebbero ancora subire una perdita irreversibile e i nostri risultati andrebbero rapidamente persi». La Cina ha lottato negli ultimi anni per ricostruire un ecosistema che era allo sbando, facendo risorgere le foreste di bambù, che rappresenta al 99% la dieta del panda (ne mangia circa 38 chilogrammi al giorno), e creando anche dei corridoi che permettessero agli stessi animali di spostarsi e incontrarsi.
PANDA NON E’ PIU’ IN VIA D’ESTINZIONE: ORA LA MINACCIA E’ IL CAMBIAMENTO DEL CLIMA
Inoltre si è lavorato molto anche sull’aspetto riproduzione, somministrando il Viagra ai Panda (senza però alcun effetto), quindi stimolandoli con filmati di accoppiamento, i cosiddetti “Panda porn” come scriveva il National Geographic, e attraverso l’inseminazione artificiale, la pratica delle tre che ha portato i suoi frutti.
Si è così passati dai 164 esemplari in cattività del 2003 fino ai 376 del 2014, ma sono in particolare i numeri relativi agli esemplari allo stato brado a dare maggiore speranza. Negli anni ’70 erano 2.450 poi nel decennio successivo si è scesi della metà, 1.114, quindi con le politiche di salvaguardia si era risaliti a 1.596 a inizio duemila e oggi sono i già sopracitati 1.864. Ora gli esperti si stanno concentrando sulla tutela dell’ecosistema dei panda, visto che, secondo Iucn, il cambiamento climatico potrebbe distruggere il 35% delle foreste di bambù nei prossimi 80 anni.