RIFORMA PENSIONI, L’APPELLO DEL CODS
Il Comitato Opzione donna social, attraverso la sua amministratrice Orietta Armiliato, lancia un appello al ministro del Lavoro e a tutti i parlamentari, riassunto in un post su Facebook: “Occorre unità di intenti rispetto al superamento dei cliché sul ruolo che le Donne svolgono all’interno della famiglia così come nelle istituzioni o nei luoghi di lavoro in generale. È necessario dunque porre rimedio all’impossibilità di accedere alla quiescenza per via della carenza di contributi necessari, causata dalle carriere discontinue cui le Donne sono sottoposte per colmare le insufficienze di un sistema di welfare che le penalizza. Chi temporeggia nell’assumere una precisa presa di posizione (leggi chi é preposto a legiferare…) dimostra un’assoluta voluta cecità accompagnata ad una totale mancanza di rispetto per la popolazione femminile”, scrive Armiliato, rilanciando di fatto la richiesta che il Cods ha fatto da tempo per misure di riforma pensioni che guardino alle donne che restano ancora penalizzate nell’attuale sistema.
TRE PROPOSTE TRIDICO SU RIFORMA PENSIONI
È il costo il ver “nodo” da sciogliere sulle tre proposte del Presidente Tridico fatte ieri nella Relazione annuale dell’Inps illustrata alla Camera: Quota 41, oppure calcolo contributivo con 64 anni di eta’ e 36 di contributi, o ancora anticipo della sola quota contributiva della pensione a 63 anni, rimanendo ferma a 67 la quota retributiva. Su questo l’INPS lancia sul tavolo delle pensioni il progetto di riforma che il legislatore nei prossimi mesi dovrà “sintetizzare” per far fronte alla scadenza della Quota 100. Sul nostro quotidiano oggi l’editoriale di Giuliano Cazzola riflette proprio sul fronte costi, presentando tabelle e focus di approfondimento: «l’Inps non si spinge oltre salvo effettuare alcune raccomandazioni al legislatore, invitandolo a tener conto del crescente livello di spesa pensionistica rispetto al Pil a normativa vigente e delle tensioni che ci saranno nei prossimi anni sul denominatore anche a seguito della crisi pandemica oltre a quelle già note che agiscono sul numeratore e dovute a fenomeni demografici difficilmente controllabili». Non solo, commenta l’esperto di politiche previdenziali, lo stesso istituto dovrebbe «tenere debito conto dell’equità intergenerazionale cercando di creare condizioni di flessibilità nella direzione di quelle già esistenti nel sistema contributivo in modo da non generare ulteriori discriminazioni tra generazioni di lavoratori spostando ancora una volta i costi di un intervento a carico delle giovani generazioni». Infine, conclude Cazzola, servirà una vera tutela per alcuni lavoratori in modo da allargare non di poco la platea dei “gravosi”: per questo andrebbe rafforzato lo strumento dell’Ape Sociale e tutte «le misure pensionistiche già esistenti per i lavori usuranti e i lavoratori precoci». (agg. di Niccolò Magnani)
GHISELLI CHIEDE AL GOVERNO DI PRONUNCIARSI
Secondo Roberto Ghiselli, il Rapporto annuale dell’Inps “conferma quanto sia urgente aprire un tavolo di confronto fra Governo e sindacati sulle pensioni e quanto sia grave non averlo ancora fatto. Non sembra vi sia nell’esecutivo la consapevolezza che se non arrivassero risposte concrete su un tema così sensibile, sarà inevitabile una incisiva mobilitazione dei lavoratori”. Il Segretario confederale della Cgil spiega anche che le ipotesi di riforma pensioni “analizzate dall’Istituto sono molto distanti dalla piattaforma sindacale. Per noi sarebbe inaccettabile un’uscita a 64 anni con 36 anni di contributi e con il ricalcolo contributivo, o la liquidazione a 62 anni della sola pensione maturata nel regime contributivo. Ma sugli interventi da adottare sulle pensioni, anche in vista della scadenza di quota 100, vorremmo sapere cosa pensa il Governo”. Finora non c’è stata in effetti una presa di posizione chiara, ma solo alcune dichiarazioni, come quella del ministro del Lavoro Andrea Orlando sempre a commento del Rapporto annuale dell’Inps.
UIL: PENSARE A GIOVANI E DONNE
Secondo Domenico Proietti, “la Relazione Annuale del Presidente dell’Inps prospetta vari scenari sulla necessità di introdurre una maggiore flessibilità di accesso alla pensione. La Uil ritiene che si debba introdurre una flessibilità più diffusa alla scadenza di Quota 100, intorno a 62 anni, anche utilizzando il lavoro della Commissione istituzionale sui lavori gravosi. A riguardo chiediamo al Governo di rompere gli indugi ed aprire un tavolo di confronto con i Sindacati per continuare ad introdurre elementi di equità e giustizia nel nostro sistema previdenziale”. In particolare, secondo il Segretario confederale della Uil, in tema di riforma pensioni “va affrontato subito il futuro pensionistico dei giovani, che in questi anni sono stati penalizzati dalla precarietà dei rapporti di lavoro, insieme al riconoscimento del lavoro di cura delle donne e della maternità ai fini della contribuzione. 41 anni di contributi versati devono bastare per andare in pensione a prescindere dall’età”. Vedremo quale sarà la risposta dell’esecutivo.
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI GANGA
Per Ignazio Ganga, le analisi del Rapporto annuale dell’Inps “evidenziano molti dati interessanti ma ribadiamo che non siamo d’accordo che la flessibilità sia realizzata tramite un calcolo interamente contributivo dell’assegno pensionistico oppure con la pensione pagata in due tempi. Condividiamo, invece, la necessità di rivedere il modo con cui si applicano i coefficienti di trasformazione per il calcolo e che sono applicati all’intero montante contributivo maturato al momento della pensione determinando un doppio danno ai lavoratori e alle lavoratrici”. Il Segretario confederale della Cisl chiede quindi che il Governo riapra il confronto sulla riforma pensioni, ribadendo “la necessità di consentire l’accesso flessibile alla pensione a partire dai 62 anni di età o, in alternativa, la pensione con 41 anni di contributi per tutti dopo la scadenza di quota 100 dal 2022”.
LA CONTRARIETÀ AL RICALCOLO CONTRIBUTIVO
Ganga spiega che la Cisl non è “d’accordo che la flessibilità sia realizzata tramite un calcolo interamente contributivo dell’assegno pensionistico oppure con la pensione pagata in due tempi. Condividiamo, invece, la necessità di rivedere il modo con cui si applicano i coefficienti di trasformazione per il calcolo e che sono applicati all’intero montante contributivo maturato al momento della pensione determinando un doppio danno ai lavoratori e alle lavoratrici. Così come siamo d’accordo che nella rappresentazione della spesa pensionistica italiana siano considerate le prestazioni al netto delle imposte e non al lordo come oggi avviene dal momento che l’incidenza della fiscalità, che di fatto è una partita di giro per lo Stato, è molto alta per i pensionati italiani che non hanno potuto usufruire in questi di alcuna misura compensativa prevista invece per i lavoratori dipendenti”.
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