Il compleanno numero 85 di Lino Banfi sarà ricordato a lungo dagli italiani. Nonostante Spinazzola fosse assente e Immobile non proprio al top, l’Italia ha vinto la finale degli Europei due giorni dopo la ricorrenza, facendo all’attore pugliese (che ha anche ricevuto una telefonata di Mancini in piena notte) un bel regalo. È il caso allora di parlare di un altro film che ha visto Banfi incrociare il mondo del calcio, prima dell’arrivo in sala de L’allenatore nel pallone. Stiamo parlando di Al Bar dello sport, pellicola del 1983 diretta da Francesco Massaro, che ne ha curato la sceneggiatura insieme a Enrico Oldoini, Franco Ferrini ed Enrico Vanzina.
Lino vive a Torino, ospite “sgradito” in casa della sorella e del cognato (che lavora alla Fiat), condividendo la stanza da letto con il nipotino Marcolino. Non ha un lavoro e vive di espedienti, in particolare aiutando il proprietario di una bancarella di pesce al mercato coperto a “ingannare” i propri clienti in merito alla freschezza del pescato.
Insieme ad altri meridionali che lavorano al mercato, Lino frequenta il Bar Sport, la cui cassiera è Rossana (Mara Venier), sua fidanzata. Un giorno, accogliendo un suggerimento ardito di Parola (Jerry Calà), lo sguattero del bar che ha perso la voce dopo aver perduto molti soldi a carte, gioca una schedina del Totocalcio che dà la Juventus perdente in casa con il Catania. Incredibilmente realizza un 13 miliardario.
Lino vorrebbe dire a tutti di aver vinto, ma quando vede in tv un altro fortunato tredicista sovrastato dalle richieste di regali da parte dei parenti, decide di mantenere lo stretto riserbo sulla sua vincita. Solo Parola, che pretende un tredicesimo della vincita, è a conoscenza del segreto. Il proprietario del bar, Walter, attraverso il suo “moviolone” mentale, ricorda però chi ha giocato la schedina vincente. E comincia così un “assedio” per far confessare Lino e poter usufruire di parte della vincita che vede coinvolti anche i suoi famigliari, improvvisamente gentili con lui. Tra l’altro interessato a parte della vincita è anche don Raffaele, un usuraio che aveva prestato alcuni milioni a Lino, che aveva provveduto al “rimborso” dando in pegno la Uno del cognato.
Per salvare la situazione, Parola è costretto a mostrare una foto che lo ritrae con la schedina, che custodiva per conto di Lino, e a spacciarsi per il vincitore del 13 miliardario. A quel punto il nostro protagonista viene cacciato di casa e persino lasciato da Rossana. Decide così di accettare la proposta di Parola, che nel frattempo si è riempito di debiti con mezza Torino, di scappare dalla città e godersi la vincita in Costa Azzurra, nascondendo i soldi (incassati tramite un notaio) nella ruota di scorta della loro auto. Un incidente di percorso li costringe però a fermarsi a Sanremo, dove passano la notte con due prostitute in un albergo con vista sul Casinò, che si rivela un’attrazione irresistibile per Parola.
Il finale con doppio colpo di scena chiude un film leggero e divertente che contiene uno spaccato dell’Italia degli anni ’80 (non è un caso che a far da pilastro alla colonna sonora sia “L’italiano” di Toto Cotugno), con ancora i meridionali ai margini delle grandi città del nord, con Torino cuore pulsante dell’industria automobilistica nazionale e il sogno di tanti italiani di cambiar vita grazie a una schedina. Oggi il Totocalcio non esiste più, rimpiazzato dalle scommesse legalizzate o dagli investimenti in Borsa o criptovalute ormai disponibili per chiunque. La voglia di “sculare” è però la stessa di allora. E c’è da dire che probabilmente per Lino (Banfi) la vittoria dell’Italia a Wembley è stata meglio del 13 al Bar Sport.
P.S.: Il 20 luglio Jerry Calà (all’epoca di Al Bar dello sport la sua compagna era proprio Mara Venier) festeggerà i suoi 70 anni (compiuti il 28 giugno) con un concerto-evento all’Arena di Verona. Chissà che non si metta a ballare sulle note della canzone di Cotugno come faceva Parola nel film. Nel frattempo auguri anche a lui e agli altri “gatti” che ci hanno fatto sorridere in tv e al cinema.
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