L’avvocato Giorgio Ambrosoli è stato assassinato l’11 luglio 1979: come noto, un sicario ingaggiato dal banchiere Michele Sindona, lo freddò sotto casa in quanto appena nominato commissario liquidatore della Banca Privata Italiana (che faceva capo proprio a Sindona). 42 anni dopo quella clamorosa inchiesta in cui Ambrosoli scoprì le attività illecite del gruppo e le irregolarità sui fondi (usati per corruzioni e tangenti), il figlio Umberto lo ricorda su “Repubblica” celebrandone non solo l’alto profilo morale ma anche tutti coloro che non hanno voluto nascondere la verità su chi era realmente Giorgio Ambrosoli in questi lunghissimi e difficili 42 anni.
«L’esempio di vita interpretato da papà appartiene non tanto alla Storia, quanto piuttosto al presente di tantissimi», scrive Umberto Ambrosoli dopo la fiaccolata organizzata dall’Associazione Libera e dal Comune di Milano proprio nel luogo esatto dove venne freddato dal sicario americano William Joseph Aricò (Via Morozzo della Rocca, 1). Rispetto al 1979, quando ai funerali di Ambrosoli non partecipò alcuna carica pubblica (ad eccezione di Paolo Baffi, in quel momento Governatore della Banca d’Italia), oggi il ricordo del grande avvocato milanese viene celebrata con tutti gli onori.
AMBROSOLI E LA VITA OFFERTA
Tantissimi omicidi del terrorismo in quell’anno maledetto, ma la morte di Ambrosoli non andava derubricata come “una tra le tante” (come del resto ogni vita spezzata ingiustamente): «chi, determinandosi all’omicidio di papà, aveva confidato nel fatto che quella morte violenta si sarebbe confusa fra le tante numerose di quei tempi è stato smentito». Merito viene dato da Umberto Ambrosoli all’opera di alcuni (pochi) giornalisti dell’epoca, da Marco Vitale per il Giornale (scelto da Indro Montanelli, all’epoca direttore), fino a Giampaolo Pansa e Fabrizio Ravelli che su Repubblica hanno raccontato tutti gli anni che hanno preceduto la sentenza di Milano che a metà degli anni ’80 ha condannato il mandante dell’omicidio e il suo complice. Poi anche autori come Staiano o registi, sceneggiatori e documentaristi che negli anni si sono interessati attivamente alla memoria di Ambrosoli: «tenere vivo nel proprio cuore un esempio di vita che sa essere di ispirazione, che sa stimolare consapevolezza, generare impegno, aiutare a decidere “da che parte stare” innanzi alle tante insidie per la coscienza», scrive e conclude Ambrosoli ricordando «l’esempio di vita offerto» dal papà per l’intera società, «dimostra che è possibile resistere non solo al male, ma anche al sacrosanto desiderio di aver salva la vita, se il prezzo è tradirne il senso. È possibile e bello vivere la propria responsabilità, quale che essa sia: senza alibi e con protagonismo».