L’assassinio di Giulio Regeni, giovane ricercatore italiano scomparso in Egitto il 25 gennaio 2016 e rinvenuto senza vita e torturato il 3 febbraio alla periferia de Il Cairo, sarà al centro della puntata di “Ossi di seppia – Il rumore della memoria”, in ponda nella terza serata odierna. La domanda che si pone Carlo Bonini, cronista di Repubblica che ha tentato di ricostruire i fatti legati al tragico epilogo a cui Giulio è andato incontro è la medesima che da anni tormenta i genitori del ragazzo e gli inquirenti: Regeni fu brutalmente torturato e poi ucciso perché scambiato per una spia?
Sono trascorsi cinque anni dalla tragica sparizione di Giulio ma la verità sembra ancora molto lontana. Sin dal ritrovamento del suo corpo senza vita le indagini hanno cercato di fare luce su quanto accaduto e soprattutto sui presunti colpevoli ma si sono anche dovute scontrare con la totale assenza di collaborazione da parte dell’Egitto e con i continui depistaggi.
GIULIO REGENI: TORTURATO ED UCCISO
Sin dal maggio 2016 gli inquirenti italiani e del Cairo si sono incontrati per discutere delle rispettive inchieste partite sulla morte del giovane ricercatore friulano, Giulio Regeni. Da parte dell’Egitto però, sin da subito non sono mancati i depistaggi, a partire dagli inverosimili moventi: dall’incidente all’omicidio passionale, passando allo spaccio di droga. Le indagini sono proseguite fino a giungere all’uccisione di cinque presunti sospettati dell’omicidio, morti in un conflitto a fuoco con la polizia. In casa di uno di loro fu trovato il passaporto di Giulio ma più tardi fu appurato che a portare lì il documento è stato un agente della National security, i servizi segreti civili egiziani. Ecco allora che le indagini della procura di Roma si sono concentrate proprio su questa pista. Secondo i pm italiani, Regeni, in Egitto per un dottorato sui sindacati di base egiziani per conto dell’Università di Cambridge, sarebbe stato torturato ed ucciso in quanto scambiato per una spia. A ‘venderlo’ ai servizi segreti sarebbe stato il capo degli ambulanti, Muhammad Abdallah, con cui il ricercatore era venuto in contatto per i suoi studi.
LE BUGIE DELL’EGITTO
Trascorrono molti mesi prima che i pm egiziani possano ammettere che Giulio Regeni era stato controllato e indagato dalla polizia, pur non riscontrando alcuna prova contro il giovane. La svolta nelle indagini arriva nel 2018 quando la procura di Roma indaga 5 militari egiziani ritenuti responsabili del sequestro di Regeni in concorso con altri soggetti ignoti. Da parte dell’Egitto però è continuata la tendenza a non voler collaborare al fine di rendere giustizia e verità alla famiglia del giovane ucciso. Nel gennaio scorso il caso approda anche Consiglio degli Esteri Ue. Le indagini non si sono mai fermate e lo scorso maggio si è deciso il rinvio a giudizio per gli 007 egiziani, accusati di sequestro di persona pluriaggravato, concorso in omicidio aggravato e concorso in lesioni personali aggravate per l’uccisione del ricercatore italiano. Il processo si terrà il prossimo 14 ottobre a Roma. A pochi mesi dall’inizio del processo, ecco che arrivano dall’Egitto nuovi tentativi di depistaggio. Il governo di Al Sisi avrebbe cercato di mettere in ombra le indagini dei pm italiani depositando una lunga memoria in cui si contestano le dichiarazioni del testimone Gamma: “L’atto riporta la smentita di quanto era stato sostenuto circa un agente di polizia egiziano, durante una riunione nella capitale del Kenya che asseriva di aver avuto un ruolo nel rapimento e nell’aggressione di Regeni”, si legge. Ma questa sarebbe solo l’ennesima bugia.