Il 22 giugno 1990, Giovanni Falcone fu sentito dalla commissione Antimafia nazionale, appositamente recatasi a Palermo per ascoltare lui e altri colleghi della procura palermitana. Ora, grazie all’azione di Nicola Morra, presidente della commissione nazionale antimafia, quel verbale è stato desecretato ed il contenuto svelato da Il Dubbio. Tra i principali temi affrontati, si citano l’omicidio Mattarella e quello sul rapporto mafia-appalti. “Allo stato, purtroppo o per fortuna (le cose accadono tutte in una volta), stanno venendo a maturazione in questo momento i risultati di indagini svolte in almeno un biennio dai carabinieri di Palermo, con encomiabile professionalità, e sta venendo fuori un quadro della situazione che non esiterei a definire preoccupante”, aveva sostenuto Falcone all’epoca.
Nel corso delle indagini il magistrato era sempre informato dai Ros al punto da fornire qualche anticipazione alla commissione. E proprio alla Commissione Antimafia aveva detto: “Possiamo ritenere abbastanza fondato che c’è almeno nella Sicilia occidentale una centrale unica di natura sicuramente mafiosa che dirige e l’assegnazione degli appalti e soprattutto l’esecuzione degli appalti medesimi, con inevitabili coinvolgimenti delle amministrazioni locali sia a livello di strutture burocratiche sia a livello di alcuni amministratori”. E quando gli viene chiesto a chi farebbe capo tutta la gestione, Falcone senza indugio avanza il nome di “Salvatore Riina”. E’ la mafia, a suo dire, a tenere la gestione dei grandi appalti.
FALCONE, VERBALE DESECRETATO: MAFIA E APPALTI
Sentito sempre dalla commissione antimafia, a Giovanni Falcone viene spesso domandato nel corso dell’audizione cosa intende per “centrale unica”. In merito il magistrato chiarisce che si trattava di qualcosa di molto complesso: “c’è un vertice che dirige e coordina le assegnazioni e le esecuzioni, cioè tutta la materia”. Quindi spiegò che il comitato d’affari è regionale, in quanto la mafia è territoriale ma che le aggiudicazioni sono anche altrove. Nel corso dell’audizione, Falcone chiarisce che il condizionamento mafioso coinvolge “qualsiasi imprenditore che operi in determinate zone, sia esso persona fisica, che cooperativa o ente a partecipazione statale”. Le sue dichiarazioni rese nel corso di quella audizione emersero poi sui giornali locali: “Era quello che volevo”, avrebbe commentato Falcone all’ex Ros Giuseppe De Donno.
LA MAFIA E GLI OMICIDI ECCELLENTI
Nella stessa audizione c’è spazio anche per il discorso legato ai delitti eccellenti, a partire da quello del giudice Rocco Chinnici e che secondo lui “si inseriscono in vicende di dinamiche anche interne alla mafia”. Non a caso, come fa notare Falcone, nel periodo che va dal 1978 al 1982 “coincide con il massimo degli sconvolgimenti interni a Cosa Nostra”. Anche parlando dell’omicidio Mattarella, Falcone evidenzia come la questione sia stata tutta interna alla mafia. A suo dire c’era una parte della mafia che voleva ucciderlo ed una parte indifferente. Ma come mai la prima fazione decise di compiere il delitto senza avvisare gli altri? “Bisognava indicare le ragioni per cui si uccideva una persona, quale fatto in concreto si contesta a Mattarella, quale persona del mondo politico aveva chiesto di ammazzarlo!”, replica il magistrato. Ecco allora che si comprende come mai la mafia non avrebbe commissionato questo delitto a uomini di Cosa nostra ma a sicari esterni, a causa dei precari equilibri di quel periodo.