Tra lavoro, delocalizzazioni e licenziamenti: Andrea Orlando a tutto tondo ai microfoni de La Stampa. Il ministro del Lavoro ha esordito tornando sullo sblocco dei licenziamenti, spiegando che è difficile tornare indietro: «Semmai bisognerà fare attenzione a quello che succederà a ottobre ed arrivarci pronti avendo già definito i nuovi ammortizzatori sociali anche per le piccole imprese».
Ieri Andrea Orlando ha portato in Cdm misure necessarie per dare più tempo a Embraco e all’ex Ilva, consentendo nel primo caso al curatore fallimentare di accedere con più facilità e meno oneri alla cassa per cessazione. Per quanto riguarda l’industria di Taranto ha spiegato: «In questa situazione, per i presupposti di legge, non era possibile utilizzare la cassa ordinaria e quindi si è deciso di estendere all’ex Ilva le 13 settimane già previste dal precedente decreto modificando i requisiti. Anche questo però deve essere un tempo nel corso del quale il soggetto pubblico deve completare il percorso di riassetto della governance, mentre l’amministratore delegato deve ritarare la richiesta degli ammortizzatori sociali, in relazione alla realizzazione del piano industriale, richiesta che a nostro avviso è certamente incongrua».
ANDREA ORLANDO: “RDC DA RIVEDERE”
Negli ultimi giorni si è parlato molto delle delicate situazioni di Gianetti, Gkn e Whirlpool, multinazionali in fuga. Andrea Orlando ha spiegato che è necessario limitare il dumping salariale con un salario minimo europeo, ma non solo: è necessario responsabilizzare le imprese e legarle con più forza al Paese nel quale operano e dal quale ricevono sussidi. Il titolare del Lavoro pensa a sanzioni salate per le grandi società in fuga: «Credo che queste situazioni non possono essere affrontate con strumenti di carattere generale ma con strumenti mirati e specifici, che consentano di agevolare i processi di reindustrializzazione e di rafforzare le sanzioni per chi ha ottenuto finanziamenti e poi si disimpegna da attività magari ancora efficienti». Andrea Orlando è poi tornato sul reddito di cittadinanza, considerato uno strumento importante di contrasto alla povertà ma da rivedere: «Di certo l’Rdc non funziona come strumento di politiche attive del lavoro. Dobbiamo efficientarlo quanto più possibile, realizzare controlli più rigidi e attivare percorsi di inclusione, perché non c’è solo il problema di mandare la gente a lavorare ma c’è anche quello di assicurare loro adeguati livelli di istruzione. Rinunciare però ad uno strumento che ha impedito un aumento esponenziale della povertà assoluta, e sono d’accordo con Di Maio, sarebbe sbagliato e pericoloso».