Bashar Hafiz al-Assad, in carica dal 2000, ha prestato giuramento per il suo quarto mandato come presidente della Siria. Lo scorso maggio ha infatti vinto ancora una volta le elezioni con una percentuale del 95%, giudicata dai paesi occidentali l’esito di un broglio. Ancor prima del voto Italia, Francia, Regno Unito e Stati Uniti avevano condannato le elezioni definendole illegittime. Sicuramente Assad non è il massimo in termini di democrazia, ma chi giudica illegale questo voto, come ci ha detto in questa intervista padre Firas Lutfi, ministro francescano della Regione San Paolo (Giordania, Libano e Siria), “non tiene conto che già prima della guerra Assad garantiva molte libertà, come quella religiosa, cosa che non accade in quasi nessun paese arabo, e inoltre che, grazie all’aiuto della Russia, è riuscito a sconfiggere l’Isis. Due fattori che gli hanno garantito il riconoscimento e il voto comunque di una larga maggioranza dei siriani”. Paese, la Siria, ci ha detto ancora, dove “oltre il 90% della popolazione è in stato di povertà assoluta e dove è necessario che la comunità internazionale insieme alla Siria dia inizio a un dialogo urgente per mandare via le truppe straniere che lo occupano e fornire aiuti urgenti ed essenziali”.
Le elezioni con cui Assad ha conquistato per la quarta volta consecutiva il titolo di presidente sono considerate in tutto l’occidente una farsa, per l’assenza di veri candidati di opposizione e di verifiche indipendenti. Questa vittoria non rischia di far sì che le sanzioni contro la Siria continuino ad affamare il paese?
Queste elezioni dal punto di vista occidentale non sono legali ma dal punto di vista interno e di altri paesi come la Russia e l’Iran, che sono alleati della Siria, sono legittime perché espressione di uno strato abbastanza consistente della società siriana. È vero che queste elezioni dividono la società interna e il mondo intero. La Siria è divisa tra chi è con Assad e chi è contro di lui, la guerra siriana ha spaccato la società.
Ma Assad avrà la forza di ricostruire il paese? O il suo governo manterrà il paese nello stato di povertà in cui si trova?
È una domanda molto complicata. La Siria è in ginocchio dal punto di vista finanziario ed economico, il contributo dei paesi arabi, dei paesi del Golfo e della comunità internazionale non basta. Si parla di miliardi di dollari necessari per la ricostruzione, ma credo sia ancora presto per parlare di ricostruzione dato che ci sono ancora all’interno divisioni e distruzioni. Bisogna fare un negoziato per decidere la sorte delle truppe presenti, quelle turche, quelle americane, quelle russe, quelle iraniane, perché allo stato attuale ciò non permette alla Siria di prendere in mano il suo futuro.
Vi sentite un paese occupato?
C’è bisogno di dialogo: che ci si parli per capire e decidere in che modo e quando gli eserciti stranieri possono lasciare la Siria e si cominci il processo di ricostruzione. La Siria non ha il potere da sola di fare tutto questo.
Con la comunità internazionale che fino a quando Assad sarà al potere mantiene le sanzioni e rifiuta il dialogo, sarà difficile, non crede?
Ultimamente in realtà anche gli stessi americani non chiedono più che Assad abbandoni il potere, chiedono che cambi modo di governare, chiedono più democrazia, non si sente più quella insistente richiesta che se ne vada. Adesso si chiede a lui maggiore tolleranza, libertà politica e pacificazione delle parti opposte. Di cambiare in modo radicale la strategia e il modo di governare.
Nella regione di Idlib si continua a combattere contro le milizie dell’Isis?
Al momento no, però la situazione è ancora oggetto di discussione fra Turchia, Usa e Iran.
Sentiamo dire qui in occidente che l’Isis starebbe rialzando la testa, è così?
Si sente dire che l’Isis è di nuovo attivo in parte dell’Iraq e anche in Siria. Personalmente non conosco i dettagli, non so se queste milizie si stanno riorganizzando, ma è una possibilità che non è da escludere. Sicuramente l’intelligence straniera sa cosa sta succedendo, ma io non so dire se la guerra contro l’Isis è terminata o se bisogna rafforzare il controllo. Possono esserci cellule dormienti pronte a riprendere l’attività, non lo escludo. L’Isis era molto organizzato e non era facile eliminarlo del tutto. Anche perché non stiamo parlando di una forza esclusivamente militare, ma di un movimento ideologico ed è difficile eliminare un’ideologia con pochi mezzi.
In un paese povero le ideologie che promettono di salvare dalla povertà fanno sempre colpo sulla gente.
Esattamente, ci vuole soprattutto un lavoro educativo e formativo sui giovani.
Quali sono le dimensioni della povertà? Come fa la gente a sopravvivere?
È povero più del 90% della popolazione, si vive in modo catastrofico, si rischia di morire di fame, mancano gasolio, elettricità, l’acqua potabile. La situazione è di massima emergenza, prima si fa la pace e meglio è per tutti, la gente ha bisogno di un intervento di emergenza immediata assoluta.
Come Chiesa riuscite a continuare la vostra opera di sostegno alle famiglie ed educativa per i bambini?
È sempre più difficile per via delle sanzioni e della pandemia. Anche i paesi che prima erano più generosi con noi hanno ridotto gli aiuti perché anche loro sono colpiti dalla pandemia e hanno meno mezzi per aiutarci. Poi la crisi bancaria libanese è stata un duro colpo per la Siria perché le banche libanesi ci aiutavano molto. La situazione è davvero peggiorata.
(Paolo Vites)
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