Aumentano le dichiarazioni di allarme per un possibile attacco militare della Cina nei confronti di Taiwan. Dopo l’intervento clamoroso del Giappone, paese che per la sua Costituzione non può intervenire militarmente fuori dei propri confini, e degli Stati Uniti, che hanno dichiarato ufficialmente di essere pronti a intervenire in caso di invasione cinese, anche il ministro degli Esteri di Taipei ella piccola isola nelle ultime ore ha detto che “la possibilità di una guerra è reale e in caso di attacco è necessario difendersi”.
Questo perché la Cina starebbe intensificando le esercitazioni militari intorno a Taiwan: solo nello scorso anno 2.900 aerei cinesi sarebbero entrati nello spazio aereo dell’isola. Secondo Massimo Introvigne, sociologo, fondatore del Cesnur e del sito Bitter Winter, “la Cina punta a far pressione sui paesi occidentali che difficilmente sarebbero disposti a mandare i propri giovani a morire per Taiwan, un atteggiamento tipico dei regimi totalitari. La differenza sta proprio nel fatto che i paesi democratici sono probabilmente anche più forti della Cina dal punto di vista militare, ma dal punto di vista politico devono chiedere alle proprie opinioni pubbliche di poter intervenire militarmente, a differenza della Cina che non ha questo problema”.
Si intensificano gli allarmi per una possibile invasione di Taiwan da parte cinese. Davvero secondo lei Pechino sarebbe pronta a sfidare il mondo?
Credo che tutto derivi dal discorso di Xi Jinping alle celebrazioni per il centesimo anniversario del Partito comunista, peraltro non totalmente fedele nella versione inglese all’originale cinese, in cui ha ribadito che si aspetta durante la sua presidenza, che è a vita, di vedere la riunificazione con Taiwan.
Ma quanto c’era di minaccioso dal punto di vista militare in quel discorso?
Più che altro questa rivendicazione è stata ripresa da riviste militari cinesi che danno i dettagli di una possibile invasione. Va detto che questa volta il vecchio detto “Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare” in questo caso è reale, la Cina credo abbia imparato da una vecchia guerra, quella contro il Vietnam per la questione della Cambogia, che il suo esercito ha una preparazione ampiamente teorica.
La guerra del 1979, giusto?
Sì. Bisogna dire che quello cinese è un esercito che dopo la guerra civile è intervenuto in Corea e in Vietnam, ma non ha mai combattuto se non in quella persa del 1979. Anche del Vietnam la Cina doveva fare un solo boccone e oggi questa guerra viene rivisitata dagli stessi analisti cinesi dicendo che anche Taiwan non sarà una passeggiata.
Intanto Taiwan aumenta il suo potenziale militare, hanno firmato un accordo con gli Stati Uniti per l’acquisto di 4,8 miliardi di dollari in armamenti.
Sarebbe un’apocalisse se dovessero intervenire anche gli Stati Uniti; certamente c’è una retorica aggressiva che cresce e genera comprensibili preoccupazioni. Da parte cinese non è detto che dalle dichiarazioni bellicose si passi all’azione. È certamente possibile, ma che sia probabile nessuno è in grado di dirlo.
Quindi su cosa sta giocando Xi Jinping?
Sono dichiarazioni che hanno una funzione politica, così come le navi cinesi che entrano nello spazio giapponese vogliono testare non le capacità militari ma la risposta politica e la reazione dell’opinione pubblica.
Ci spieghi meglio.
Lo fanno per capire se l’opinione pubblica giapponese e quella americana sono disponibili a che i loro figli muoiano per Taiwan. È sempre stato il metodo dei regime totalitari, Hitler pensava giustamente che nessuno volesse morire per i Sudeti o per l’Austria, anche se tirando troppo la corda con l’invasione della Polonia qualcuno poi è intervenuto. Alla Cina è andata bene quando ha invaso il Tibet perché nessuno è intervenuto, lo stesso vale per qualche isoletta occupata negli ultimi anni nel Pacifico. Si è andati davanti al tribunale internazionale, che ha dato torto alla Cina, la quale ha risposto che del tribunale internazionale non interessa nulla. Tutti i regimi totalitari tirano le corde fino a quando non si spezzano.
Quindi la preoccupazione è giustificata. Anche perché l’invasione di Taiwan significherebbe il blocco del canale omonimo da cui passano merci e materiale primario per il Giappone.
È per questo che il Giappone è intervenuto. Viviamo in un mondo dove poche persone si indignano per le violazioni del diritto internazionale, non parliamo dei diritti umani. Ci sarà sempre un Beppe Grillo che sostiene la Cina e oggi anche Cuba. Pensiamo all’opinione pubblica italiana se la Nato chiedesse di mandare truppe a morire per difendere Taiwan.
Direbbe di no.
Stati Uniti e Giappone hanno tradizioni diverse ma anche lì c’è un’opinione pubblica isolazionista che non ama mandare i propri giovani in guerra. Su questo contano i regimi totalitari per i loro programmi espansionistici, sanno che i paesi democratici sono più forti dal punto di vista militare ma più deboli dal punto di vista politico perché per fare una guerra devono chiedere il consenso dei loro cittadini.
(Paolo Vites)
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