Il dibattito sul passaporto sanitario si va rapidamente trasformando in un acido devastante che corroderà ogni forma di dialogo civile. Gli uni accusano gli altri di irresponsabilità, di egoismo devastante e intollerabile. Senza contare le fake news circolanti sul mondo dei social che non fanno che alimentare confusioni e timori in un paese che, piaccia o no, da decenni ha smesso di avere fiducia nelle istituzioni. L’unica via d’uscita, in questo momento, è costituita da un recupero delle ragioni dell’altro, ma per realizzare un simile dialogo è necessaria una presa d’atto delle reali dimensioni del problema.
È in atto una tempesta di panico diffuso, dove tutti gli avvenimenti sono immediatamente catalogati come altrettanti presagi di una catastrofe universale (l’interpretazione degli eventi climatici del Nord Europa viene immediatamente iscritta in questa narrazione). Non è la prima volta che succede nella storia occidentale: abbiamo fatto di peggio tra il XIV ed il XVI secolo. La spagnola ha ucciso milioni di persone in condizioni di comunicazione, ricerca e difesa immunitaria incomparabilmente inferiori a quelle di cui disponiamo attualmente. Già nel 1957 e nel 1969 abbiamo sconfitto due pandemie che, solo in Italia, avevano causato rispettivamente 30mila e 20mila morti (la prima cifra è più alta della seconda in quanto l’asiatica del 1957 colpì soprattutto la popolazione più giovane e quindi, all’epoca, la più numerosa). L’attuale cifra elevata dei decessi va infatti parametrata alla proporzione della popolazione anziana che rappresenta oggi, in Italia, quasi un quarto del totale (una percentuale di almeno tre volte superiore a quella degli anni sessanta), oltre che commisurata ovviamente al disastro degli ospedali colti di sorpresa ed una prima linea di medicina territoriale assolutamente inoperante.
Perché ripetere questi dati? Perché una percezione esatta della realtà ci invita a vivere con “calcolata serenità” e a diffonderla intorno a noi. Dei 2.622 positivi emersi nell’ultima settimana (fonte: Il Sole 24 Ore), non solo, grazie a Dio, nessuno è deceduto, ma soprattutto nessuno è stato messo in terapia intensiva: solo 25 casi sugli oltre 2.600 positivi intercettati è stato appena “ricoverato con sintomi”. Per gli altri è stato disposto l’isolamento domiciliare. In terapia intensiva ci si trovano addirittura sei persone in meno rispetto alla settimana precedente.
Ciò vuol dire che i vaccini stanno dando ottimi risultati e che, anche se dovesse arrivare l’ennesima ondata, sarà immensamente meno letale delle precedenti. È logico mantenere tutte le misure di prevenzione o anche, come si ripete ossessivamente da oltre un anno, “non abbassare la guardia”. Ma occorre anche ricordare come distanze sociali, l’isolamento degli uni dagli altri, la chiusura dei mille mondi vitali, dalla parrocchia al cinema, dal teatro al museo, al concerto, il continuare a silenziare le aule universitarie sono stati pagati non solo in termini di delirio economico (si pensi a quanti vivevano dei piccoli lavori precari e che, da quando sono iniziati i micidiali confinamenti, sono andati ad ingrossare le fila delle mense dei poveri) e di crisi scolastica, dove la fantomatica Dad (didattica a distanza) ha già mostrato l’ampiezza dei suoi danni con un ragazzo su due che non sa la metà dell’essenziale, ma anche in termini di depressione diffusa, segnalata tra l’altro, non solo dall’aumento di farmaci antidepressivi, ma soprattutto dall’impennata della vendita degli alcolici (+250%).
La vita confinata e separata da ogni mondo possibile perde tutta la sua autenticità e la sua umanità e il nostro universo sociale semplicemente non vive. In altri termini la prevenzione non è semplicemente a guadagni zero, ma presenta, anche e soprattutto, costi umani estremamente elevati. Non si può premere all’infinito l’acceleratore delle misure di contenimento senza tenere conto di un’esasperazione sociale che oramai ha esaurito tutti i suoi margini di manovra nel subire una vita che vita non è tale, ma solo la sua rappresentazione virtuale.
Che fare? Certamente guardare la realtà e indicare che i vaccini funzionano ed anche quando si prende il Covid con le relative varianti di turno, chi si è vaccinato, può riprendere a vivere serenamente. Far circolare questa verità, piuttosto che esasperare la popolazione con quest’insopportabile allarme sociale è la migliore medicina che possiamo dare al Paese. La sua vita, non solo economica, ma anche morale e civile è anche la nostra. Se l’Italia si spegne, siamo anche noi stessi, con tutto il nostro mondo, a spegnerci.
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