Un vescovo viene “spiato” su un’app per incontri gay, il tutto viene pubblicato su un quotidiano e alla fine il prelato è costretto a dimettersi: è successo tutto negli Stati Uniti, protagonista Monsignor Jeffrey Burrill, figura di spicco della Chiesa Usa in quanto segretario generale della Conferenza dei Vescovi (Usscb) e principale diplomatico tra le due opposte “fazioni” presenti tra i vescovi americani. Nei mesi scorsi del profondo scontro sulla comunione da concedere o meno ai politici cattolici Usa come il Presidente Joe Biden, Burrill più di tutti ha tentato di mediare tra le posizioni conservatori e quelle più “liberal”: ora però il “terremoto” è servito, quando il prelato viene accusato di “comportamenti sessuali inappropriati” da uno stringato comunicato del Presidente dei vescovi americani José Horacio Gomez, arcivescovo di Los Angeles.
«Il segretario generale della Conferenza Episcopale Americana Mons. Jeffrey Burrill si è dimesso per comportamenti impropri», si legge nel breve scritto, ribadendo come «quanto ci è stato riferito non comprende abusi su minori». Lo “scandalo” infatti è un altro e a raccontarlo ci ha pensato il portale “The Pillar” vantandosi quasi di aver portato alle dimissioni del vescovo dopo aver scoperto che frequentava locali gay: «Un’analisi dei dati relativi al portatile di Burrill mostra che il sacerdote ha visitato bar gay e residenze private usando un’app di incontri in diverse città dal 2018 al 2020, anche durante viaggi per conto del suo incarico in seno alla Conferenza episcopale», si legge nel quotidiano online Usa. A fornire i dati “scandalosi” ci ha pensato una semplice “ricerca commerciale” (ovvero a pagamento) da un «fornitore di dati e autenticati da una società di consulenza dati indipendente incaricata da The Pillar».
IL VESCOVO SPIATO PER FARLO DIMETTERE: IL CASO
L’app utilizzata da Mons. Burrill sarebbe la famosa Grindr e sul “Foglio” viene proposta una riflessione che prova ad andare al di là dell’ovvio scandalo e terremoto che tale notizia ha generato nella Chiesa americana. Fatto salvo il comportamento – se confermato – inappropriato per il ruolo, la vocazione e il ministero che serve quotidianamente il vescovo – è la modalità con cui il monsignore è stato costretto alle dimissioni a fare impressione. I dati dell’uso di Grindr riporterebbero tra il 2018 e il 2020 un totale complessivo di 26 settimane tra momenti privati e “impropri” del vescovo: Matteo Matzuzzi sul “Foglio” giustamente scrive come da “The Pillar” l’operazione viene fatta passare come “inchiesta giornalistica”, ma il tracciamento dei dati privati dello smartphone di Mons. Burrill (come di qualsiasi altra persona, ndr) è materia ben diversa.
«E’ un’arma pericolosissima, che può essere usata contro chiunque: uno spionaggio in piena regola, protratto per anni e al momento opportuno – quando cioè serve far esplodere il caso e togliere di mezzo un personaggio poco gradito – tradotto in longform da pubblicare su qualche sito o giornale», ribadisce il commento del “Foglio”. Lo spionaggio e il “killeraggio” in un momento caldissimo per la Chiesa americana, per via del caso Biden-comunione, è tutt’altro che un’operazione di “informazione giornalistica”: condividiamo dunque il commento finale di Matzuzzi quando afferma, «Altro che Vatileaks con i suoi corvi svolazzanti sul Cupolone e i documenti trafugati dalla scrivania personale del Papa: il salto di qualità, qui, c’è tutto. E’ il ricatto perenne, capace di tenere sotto scacco oggi una Conferenza episcopale nazionale (che tra l’altro a novembre renderà pubblico il documento sull’eucaristia, seppure con toni più sfumati rispetto a quanto avrebbe voluto l’ala più intransigente, desiderosa di inserire espliciti riferimenti ai leader politici cattolici pro choice) e domani, chissà, magari la curia romana».