Torna a parlare Marco Ciacci, il 45enne camionista di Castelnuovo Berardegna, che il 19 giugno di un anno fa era alla guida del tir verso cui andò a sbattere il campione Alex Zanardi a bordo della sua handbike. Il guidatore è stato definitivamente scagionato da ogni accusa, e parlando con i microfoni del Resto del Carlino ha spiegato: “Dopo tredici mesi di sofferenza mi sento più sollevato”. Un anno durissimo per la famiglia dell’ex pilota di Formula 1, e nel contempo, anche per quella dello stesso Ciacci, fino a poche ore fa l’unico indagato per lesioni colpose gravi: “Ci siamo. E’ andata bene – dice, per poi aggiungere – la verità è che una cosa del genere non la scordi mai. Resterà indelebile, accompagnandomi nella vita”.
Il camionista ammette che sulla Sp 146, la strada dell’incidente, non ci è più ritornato: “Ho percorso l’altro giorno la Provinciale, ma ho preferito fare il giro più lungo. Ne faccio volentieri a meno”. Il giornalista chiede quindi a Ciaccia se abbia mai sentito la famiglia Zanardi in questi mesi: “Sinceramente no. Mi dispiace molto perché non sta bene. Mi creda, sono profondamente addolorato. Però leggere quelle frasi, che la colpa dell’incidente era mia. Poi, ripeto, capisco che la famiglia difenda le proprie ragioni…”. Fortunatamente ha avuto sempre dalla sua parte la famiglia: “Prima di tutto mia moglie Erica. Fondamentale nel tirarmi su di morale, spingendomi a guardare le cose in modo positivo”.
ALEX ZANARDI, PARLA IL CAMIONISTA: “CI HO MESSO DUE MESI PER TORNARE SUL CAMION”
Quindi la vicinanza del fratello, che lavora con lui: “I primi tempi mi diceva che non c’era furia di ricominciare, di farlo con calma quando me la sentivo. Ci ho messo due mesi e mezzo. Ad agosto 2020 ho provato a guidare ma non vedevo l’ora di tornare a casa”. Ma qual è stato il momento più duro da 13 mesi a questa parte? “Il primo. E’ stato devastante. Il mio nome sempre sul giornale, quasi fossi un delinquente. I bambini lo vedevano in continuazione alla televisione, così non l’abbiamo più accesa. Cose che feriscono. Era il primo incidente con il camion in 24 anni: soffrivo perché venivo ingiustamente considerato un criminale, soffrivo perché una persona stava male e si trovava in ospedale”.
Quindi aggiunge e conclude: “Senza moglie e famiglia non ce l’avrei fatta. Ho contato su amici veri, che ci sono sempre stati, quelli con cui sono cresciuto ed altri trovati da quando abitiamo a Montaperti”. E su un eventuale nuova mossa legale della famiglia Zanardi: “Non sono ferrato in queste cose però mi sento tranquillo”.