L’efficacia dei vaccini Pfizer è calata nell’ultimo mese in Israele, in concomitanza con la diffusione della variante Delta. Uno studio mostra, infatti, che a sei mesi dal richiamo è calata dal 95 al 40 per cento nella prevenzione delle forme lievi. Per questo, secondo il New York Times, una terza dose di vaccini a mRNA per le persone over 65 o immunodepresse è un’ipotesi concreta negli Stati Uniti. Questa è, infatti, l’ipotesi di alcuni esperti americani, tra cui ci sono consiglieri scientifici dei Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc). Hanno presentato alla Food and drug administration (Fda), solleticando una decisione in merito, le ultime ricerche sui rischi di contagio per le persone immunodepresse, che sono elevati anche dopo ciclo vaccinale completo. Il timore è che questi pazienti restino vulnerabili al Covid. Negli Usa sono il 2,7 per cento della popolazione adulta.
L’amministrazione Usa ha dosi sufficienti anche per una terza dose, ma non tutta la comunità scientifica è d’accordo. «L’obiettivo del vaccino non è impedire la malattia lieve o moderata, ma prevenire l’ospedalizzazione, fino alla morte. Finora i vaccini hanno retto in questo senso», ha dichiarato Todd Rice, direttore della Medicina di emergenza al Vanderbilt University medical center di Nashville, al New York Times.
TERZA DOSE PFIZER? IPOTESI ANTICORPI MONOCLONALI
Il dibattito nasce, dunque, dallo studio condotto in Israele. Secondo il Ministero della Salute l’efficacia è ridotta attualmente al 40% per quanto riguarda la possibilità di contagio o sviluppo di forme lievi della malattia. Nella prevenzione dei ricoveri, però, la protezione resta all’88%, nella difesa da forme gravi di malattia, inclusi i decessi, è al 91%. Ma sono dati che vanno confermati, perché il numero di casi è circoscritto. Israele comunque sta valutando la possibilità di offrire una terza dose Pfizer a chi è stato vaccinato sei mesi fa. Ciò è possibile dal 12 luglio, ma solo per alcune categorie di immunodepressi. La questione è discussa anche in Italia. Lo conferma Pierpaolo Sileri, sottosegretario alla Salute, il quale ha scritto alla direzione competente per valutare di procedere con la terza dose almeno per le categorie più fragili. La preoccupazione riguarda anche medici, infermieri e operatori sanitari in genere, visto che hanno ricevuto il vaccino tra gennaio e febbraio.
Ma per la Società italiana di medicina generale e delle cure primarie (Simg) le due dosi sono sufficienti, anche contro le varianti Covid. «Ciò che abbiamo rilevato negli studi svolti finora è che anche nei soggetti immunodepressi la terza dose di vaccino non aumenta l’efficacia delle prime dosi», ha dichiarato Ignazio Grattagliano, membro di Simg. Si sta invece valutando la possibilità di usare anticorpi monoclonali anti-spike come profilassi post-esposizione al coronavirus nei soggetti con difese immunitarie basse.