Michele Serra, firma de “La Repubblica”, è intervenuto sulla vicenda che ha visto protagonista Kentaro Kobayashi, direttore artistico della Cerimonia d’apertura delle Olimpiadi di Tokyo 2020, licenziato all’immediata vigilia della sua rappresentazione. Il motivo del licenziamento va ritrovato ad un episodio risalente al 1998, quando Kobayashi, presentatore di un programma per bambini insieme ad un altro attore, in uno sketch pronunciò questa battuta: “Giochiamo all’Olocausto”. Una frase pronunciata per suscitare l’ilarità del pubblico, in cui di fatto si trattava il genocidio degli ebrei alla stregua di un “gioco” per bambini. Michele Serra, però, nel suo editoriale non ha voluto buttare la croce addosso a Kobayashi. Il giornalista ha iniziato la sua analisi dallo spettacolo visto in tv: “La cerimonia d’apertura dei Giochi di Tokyo mi è sembrata bellissima. Sobria e sorprendente. L’opposto kobadella pacchianeria fracassona che spesso anima questo genere di adunate in Mondovisione. Qualcosa di riflessivo, di intenso, di gentile la animava, a conferma che i giapponesi sono il popolo più elegante del pianeta, nonché il più educato“.
MICHELE SERRA DIFENDE KENTARO KOBAYASHI
Serra si è poi soffermato a parlare della situazione di Kentaro Kobayashi: “Ora, però, abbiamo un problema. Il primo artefice di questo spettacolo ammirevole, il direttore artistico Kentaro Kobayashi, è stato licenziato con disdoro, a poche ore dall’inizio della “sua” cerimonia, per avere pronunciato, ventitré anni fa, quando era un giovane cabarettista, una infelice frase sull’Olocausto che i suoi stessi accusatori inquadrano nel genere “barzellette antisemite”. La domanda, inevitabile, è: possibile che l’autore di uno spettacolo così umano, così partecipe dei dolori e delle speranze del mondo, debba essere scomunicato per una “barzelletta antisemita” uscitagli di bocca quasi un quarto di secolo fa mentre cercava, maldestramente, di fare lo spiritoso?“. Serra a questo punto fa un collegamento apparentemente ardito: “Visto che si parla tanto di prescrizione, davvero può esistere prescrizione per corrotti e mafiosi, e non per un artista che vede distrutto il suo eccellente lavoro di oggi a causa di una scemenza giovanile vomitata dagli archivi?“. L’arringa difensiva di Serra raggiunge il suo apice: “Esiste ancora il diritto di sbagliare? Esiste ancora il diritto di maturare, di cambiare, oppure ognuno di noi è inchiodato per l’eternità alle proprie tracce? Non avete anche voi l’impressione che l’ossessione della purezza (puritanesimo, appunto) stia facendo uscire di senno il mondo? Che fine ha fatto il “chi è senza peccato scagli la prima pietra”, in questo evo di lapidazioni, pentimenti, autodafé, che puzza lontano un miglio di Inquisizione, e di rogo?“