Il Conte bis è stato il governo più antieuropeista e sovranista degli ultimi cinque anni in Italia. È quanto rivela una curiosa statistica riportata in queste ore sulle colonne del quotidiano de “La Stampa”, su cui si legge che il secondo esecutivo con a capo l’ex presidente del Consiglio ha raccolto un elevato numero di procedure di infrazione avviata dall’Unione europea nei confronti del nostro Stato a causa della mancata messa in pratica delle regole dettate dal Vecchio Continente.
In molti si sarebbero aspettati che tale primato fosse di pertinenza del primo governo Conte, quello gialloverde, considerate le frequenti associazioni tra la Lega e il sovranismo effettuate dall’opinione pubblica nel nostro Paese. Invece, è stato quello nato dal matrimonio tra il Partito Democratico e il Movimento Cinque Stelle a fare suo questo record, tanto che, nel solo 2020, anno drammaticamente segnato dalla pandemia di Coronavirus, lo Stivale ha ricevuto 36 notifiche di apertura di procedure nei suoi confronti per opera della Commissione Ue, cifra mai raggiunta prima d’ora nel quinquennio: infatti, furono 19 nel 2016, 12 nel 2017, 26 nel 2018 e 28 nel 2019. In totale, alla fine della scorsa annata, risultavano aperte addirittura 86 procedure, meglio solo della situazione in cui versano la Grecia e la Spagna.
CONTE BIS GOVERNO ANTIEUROPEISTA E “SOVRANISTA”: MA COSA SIGNIFICA?
Pertanto, a seguito dell’analisi sopra riportata, è corretta la definizione di governo sovranista affibbiata al Conte bis. Ma cosa significa, esattamente? Tale aggettivo, ripetutamente sbandierato nei dibattiti politici e televisivi, rappresenta di fatto un neologismo, finalizzato a indicare coloro che aderiscono al sovranismo, una dottrina politica che riconosce il potere sovrano di una nazione o di un popolo, non assoggettabile a nessun’altra autorità esterna.
Come riporta l’enciclopedia Treccani, peraltro, il sovranismo è “la posizione politica che propugna la difesa o la riconquista della sovranità nazionale da parte di un popolo o di uno Stato, in antitesi alle dinamiche della globalizzazione e in contrapposizione alle politiche sovranazionali di concertazione”. Esso, in particolare, “si oppone al trasferimento di poteri e competenze dallo Stato nazionale a un organo internazionale, processo visto come una minaccia all’identità nazionale o come attentato ai princìpi della democrazia e della sovranità popolare”.