Il vaccino italiano Reithera potrebbe finire all’estero. Bloccato dalla Corte dei Conti in Italia, ora ha una chance in Messico. Stando a quanto riportato da Repubblica, ci sarebbero discussioni in corso con il ministero degli Esteri messicano per portare lì la fase finale delle sperimentazioni, a patto però di trovare i fondi necessari. Intanto la biotech di Castel Romano ha raggiunto un primo step molto importante: ha pubblicato i risultati preliminari della fase due di sperimentazione, da cui emerge che tra i 900 volontari arruolati, il 93% ha sviluppato anticorpi contro il coronavirus alla prima dose, il 99% dopo la seconda, senza sviluppare effetti collaterali importanti. Per la fase tre servono tra 5mila e 10mila volontari, senza contare i costi che si aggirano sui 60 milioni di euro. «Noi semplicemente non li abbiamo», ha dichiarato Stefano Colloca, tra i fondatori di Reithera e responsabile dello sviluppo tecnologico.
Degli 81 milioni promessi dalla Invitalia di Domenico Arcuri a gennaio invece non è arrivato nulla proprio a causa dello stop della Corte dei Conti. «E comunque solo metà di quei fondi sarebbe stata a fondo perduto, l’altra l’avremmo dovuta restituire».
“ACCORDO FINITO NEL NULLA, SIAMO DELUSI”
Reithera finora ha investito 12 milioni di euro, mentre dalla Regione Lazio sono arrivati metà dei soldi promessi. «La fase tre, senza un aiuto pubblico, è al di là delle nostre possibilità», ha dichiarato Stefano Colloca a Repubblica. L’altro problema è che parte dell’accordo prevedeva l’ingresso di Invitalia nel capitale e ciò non si è verificato. Così ci sono 200mila dosi pronte all’uso e potenzialmente un altro milione in produzione. E il disegno della sperimentazione ha ricevuto parere positivo dall’Agenzia europea per i medicinali (Ema). L’idea è di metterlo a confronto con uno simile, come AstraZeneca, per vedere se induce una risposta immunitaria equivalente, ma visto che in Europa ci sono molte limitazioni per età, allora le sperimentazioni potrebbero finire fuori Europa. «Probabilmente in Sudamerica o Africa. Abbiamo avuto manifestazioni di interesse da Brasile, Cile, Messico».
La beffa per Reithera è vedere Moderna che non aveva mai prodotto nulla ed era in perdita, ma è stata finanziata dagli Stati Uniti perché ha una tecnologia importante. «Noi durante le lunghe discussioni con Invitalia ci siamo accorti che in Italia semplicemente non esistevano strumenti finanziari per portare avanti progetti come il nostro. La ricerca è un’impresa rischiosa». Colloca non nasconde la delusione per quel che è accaduto in Italia: «Siamo anche delusi perché in una situazione d’emergenza, dopo un anno di discussioni e trattative, l’accordo sui finanziamenti è finito nel nulla per una decisione della Corte dei Conti che riguardava un mutuo sull’acquisto della nostra sede. Sono soldi che noi avremmo comunque dovuto restituire».